L’emirato di Sharjah zitto zitto insidia la modernità di Londra e Parigi
La terza città dello Stato sul Golfo Persico ha saputo investire su porti e connessione internet. E oggi attrae il business mondiale
Londra, Singapore, Hong Kong, Amsterdam Parigi, Sharjah. Sharjah? Ops. Che cosa ci fa la terza città degli Emirati Arabi in questa lista? Ebbene sì, l’“intrusa” è in realtà stata inserita nella classifica delle “Top Ten Global Cities of the Future” – i centri urbani del prossimo futuro – dal gruppo editoriale londinese che fa capo al Financial Times. Un ingresso in effetti a sorpresa, considerando anche che il centro sul Golfo Persico, con il suo milione e mezzo di abitanti e un Pil pari al 7,4% degli interi Emirati, è senz’altro più piccola delle sorelle maggiori Dubai e Abu Dhabi, indiscutibilmente più ricchi di materie prime e servizi. Eppure, come la ricerca mette in evidenza, Sharjah è riuscita zitta zitta a diventare un centro di livello internazionale per infrastrutture, logistica, offerta portuale – ce ne sono tre in acque profonde –, trasporti e connettività high- tech, diventando così un “hub”, insomma un incrocio, sempre più attraente anche per gli investimenti internazionali. E si sa, quando il mondo del business mette gli occhi su una città, è segno che questa non tarderà molto a esplodere. « È un grande riconoscimento per ciò che abbiamo fatto in questi anni. Spero preluda alla possibilità di esercitare un’influenza anche maggiore » , ha detto Mohammed Al Musharrakh, direttore dell’ufficio per gli investimenti di Sharjah. « Continuiamo a investire sulle risorse umane e naturali » , ha ribadito Sheikha Bodour bint Sultan Al Qasimi, presidente dello stesso ufficio e figlia dell’attuale emiro di Sharjah, « i nostri sforzi di apertura delle porte dell’economia locale agli stranieri rafforzano la posizione dell’emirato nella regione » . I dati confermano: due cittadini su tre hanno internet, le 65 destinazioni internazionali delle 29 compagnie che arrivano all’aeroporto ne fanno uno degli scali più importanti, il secondo del Medio Oriente in termini di traffico cargo. Sharjah, dov’è? Non potremo più dirlo.
A Melbourne i tram vanno con il sole Che ormai la lotta contro il riscaldamento globale abbia sempre di più una dimensione “cittadina” è un’evidenza della Storia, e l’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca non fa che renderlo ancora più inevitabile. Ma anche fra i centri urbani protagonisti di questa guerra ( che per esempio sono quasi tutti alle prese con il problema dell’inquinamento) ce ne sono alcuni più in prima linea degli altri. C40 – o Cities Climate Leadership Group –, il network che riunisce i sindaci delle megalopoli più sensibili all’ambiente, ha appena scelto Copenhagen come “capitale” per l’economia urbana a bassa emissione di anidride carbonica aprendo la nuova sede nel distretto Bloxhub: un esplicito riconoscimento ai risultati green dei cittadini danesi, che dovrebbero dare l’esempio agli altri su come accelerare la transizione alle smart city in tutto il mondo. Fra quelle in scia, brilla Melbourne: l’amministrazione municipale ha appena annunciato, nell’ambito dell’obiettivo di emissioni zero da raggiungere entro il 2050, il progetto di far funzionare l’intera rete tranviaria a energia solare. Per ottenerlo, entro un anno entrerà in funzione – nella periferia nord – una nuova centrale solare da 75 MW, che andrà a regime nel 2018, utilizzando la metà della sua potenza complessiva per far girare i 401 mezzi su rotaia del trasporto pubblico, sperando anche di riuscire a continuare a tagliare il costo dell’energia.
L’ultima fermata del 3G: il metrò di Praga Arrivare da Milano a Londra e scoprire che nella più famosa metropolitana del mondo non funziona il telefonino è sempre sorprendente ( talvolta anche piacevole...). Ma ormai sono sempre di più le sotterranee dove arriva il 3G: la connessione è totale a Seoul, Mosca e Hong Kong, mentre a New York, Glasgow e Parigi il segnale c’è ma si ferma per lo più nelle stazioni. L’ultima ad aggiungersi alla lista dei metrò collegati col mondo esterno è Praga, dove cellulari e internet funzioneranno anche sui treni, prima sulla linea C e poi su tutta la rete: a pagare saranno gli operatori telefonici. Resta inarrivabile Tokyo, dove la connessione c’è da un paio d’anni ma funziona ancor meglio l’etichetta che “vieta” a tutti di parlare al telefono finché si è in carrozza.