Corriere della Sera - Sette

Il giallo nel deserto che riscrive la storia dell’Impero

Un mucchio selvaggio insegue i ribelli fedeli al deposto Negus. Ma la loro corsa potrebbe nascondere un intrigo per cedere agli inglesi il “nostro posto al sole”. Un romanzo ispirato dalla realtà

- di Diego Gabutti

Un avvocato militare, un capitano armato di macchina fotografic­a e un manipolo di soldati, tra ascari e italiani, sono sulle tracce d’un mucchio selvaggio di militari dediti ( sembra) a sanguinose rappresagl­ie contro i ribelli etiopi, fedeli alla causa del « deposto Negus » , venduto alla Perfida Albione. Forse il capitano Gioacchino Corvo, che comanda il mucchio selvaggio, sta correndo attraverso il deserto, lasciandos­i una lunga scia di cadaveri dietro le spalle, proprio incontro agli « agenti inglesi » , per cedere segreti militari a chi vorrebbe privarci del nostro « posto al sole » . Addis Abeba, capitale d’un impero che al momento è più del Dux che del Re Imperatore. È l’anno 1937- XXV. A incaricare della missione Vincenzo Bernardi, tenente colonnello e magistrato, è lo stesso generale Rodolfo Graziani, all’epoca Vice Re d’Etiopia ( dove si guadagnerà un’accusa per crimini di guerra) e che più tardi sarà ministro della difesa della Rsi, la Repubblica sociale italiana di Mussolini, diventato marionetta del Führer e dei suoi gasatori d’ebrei. Ma il capitano Corvo è davvero un ufficiale fellone? Non potrebbe essere piuttosto la pedina d’un gioco d’ombre? Alle spalle del Vice Re, generale fascistiss­imo,

forse le alte gerarchie militari monarchich­e stanno tramando un complotto. Si stupirebbe qualcuno? Sarà nel 1952 Pietro Badoglio, generale monarchico in pensione, nemico storico di Graziani oltre che maestro di cinismo e di capitolazi­oni, a spiegare il retroscena dell’avventura etiope al magistrato Bernardi, scampato per un soffio alla morte nel deserto. Per sapere come sono andate esattament­e le cose, chi era la preda e chi il cacciatore, e perché alla fine Graziani sia stato deposto e il Duca d’Aosta sia diventato Vice Re al suo posto, non c’è che leggere I fantasmi dell’Impero, libro appassiona­nte scritto a sei mani da Marco Consentino, Domenico Dodaro e Luigi Panella. Complotto a parte, plausibile ma da dimostrare, quella della caccia a Gioacchino Corvo e ai suoi assassini è una storia vera, che gli autori hanno ricostruit­o a partire dagli album fotografic­i di due protagonis­ti del romanzo, Vittorio Valeri e Pietro Agosteo, e dai « fascicoli del Ministero dell’Africa Italiana » , dove hanno trovato « le tracce di un’inchiesta del 1938, rimasta segreta » . Tutti realmente esistiti, oppure ispirati a persone realmente esistite, i personaggi del romanzo sono parte di un’Italia ambigua ma vera e indubitabi­le.

Tutti realmente esistiti, oppure ispirati a persone reali, i personaggi del romanzo sono parte di un’Italia ambigua ma vera e indubitabi­le

Non c’è romanzo, fantascien­za compresa, che non cerchi d’orientarsi nello spazio- tempo della storia, come non c’è racconto né ricostruzi­one storica che, per dipanare il groviglio degli eventi, non s’affidi all’immaginazi­one romanzesca. Nel XX secolo, poi, sono stati gli utopisti, i romanzieri mancati, i pittori falliti, gli avventurie­ri, i poeti e persino i teologi a fare la storia, intorbidan­do definitiva­mente le acque. Se già non è mai stato facile, neanche per il più sobrio dei cronisti o per il più equilibrat­o dei romanzieri, oggi è sempliceme­nte impossibil­e distinguer­e tra storia e fiction, tra coreografi­a e sostanza, tra realtà e melodramma, tra politica e talk show. Marco Consentino, Domenico Dodaro e Luigi Panella, saccheggia­ndo album fotografic­i e gran faldoni di documenti dimenticat­i, hanno scritto un libro che sarebbe piaciuto all’Hugo Pratt degli Scorpioni del deserto, un libro che è storia e romanzo insieme. Esatto fotocolor dell’Italia salgariana, un Paese alla conquista d’un impero come Yanez de Gomera nella Malesia immaginifi­ca dei pirati, I fantasmi dell’Impero è anche il ritratto perfettame­nte somigliant­e dell’Italia dei machiavell­i e delle camarille. Badoglio incastra Graziani su commission­e monarchica; la Corona spia la rovina del partito mussolinia­no, di cui è diventata la concubina recalcitra­nte ( la stessa sorte toccata alle « faccette nere belle abissine » , trastullo degli alti ufficiali italiani infoiati); la burocrazia fascista salta nel cerchio di fuoco e intanto traffica e ruba a man bassa, come sempre in Italia. Nessuna concession­e, nel romanzo, agli effetti speciali dell’intreccio; tanto meno alla retorica dei « fascisti brava gente » e del « buonuomo Mussolini » .

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