La varietà, vi prego, sull’amore
Non ho mai confessato a nessuno questa predilezione. Primo, perché mia madre ne soffrirebbe, secondo perché non voglio ferire queste signore: oggi ne vado pazzo, mi dico, ma domani? E così continuo a evitare le mie coetanee
Gentile Roberta leggo sempre con curiosità questa rubrica che trovo intelligente e simpatica. Io ho trentotto anni, due lauree, un buon lavoro, tanti interessi come il teatro, la letteratura, i viaggi. Non vivo per l’immagine ma amando fare sport, tennis e canoa d’estate, ho un bel fisico e gli occhi azzurri. Dicono che io sia un bel ragazzo insomma. Perché scrivo qui? Perché da qualche mese a questa parte non riesco a pensare ad altro. Dopo qualche storia bella e lunga, però tutte finite senza rimpianti, negli ultimi anni sto frequentando donne parecchio più grandi di me, e dico più grandi anche di quindici o di venti anni. Ne sono sempre strato attratto e nell’ultimo periodo (almeno un lustro) da fantasia che era questa cosa è diventata realtà. E sono stato benissimo con tutte quelle che ho frequentato. Mi sento a mio agio insieme loro: diversamente che con le mie coetanee o con ragazze più giovani, con le donne mature parlo di qualsiasi argomento. E lo faccio con il piacere di confrontarmi con persone curiose, sicure di sé e con le quali riesco ad essere me stesso senza alcuna forzatura. Con alcune di queste persone ho avuto incontri occasionali, con altre invece ho avuto proprio una storia, avventure durate qualche mese o (nel caso della più lunga) anche un anno. Non ho mai reso pubbliche le mie storie con queste donne per due motivi: primo, per non dare un dispiacere a mia madre, molto devota e tradizionalista che avrebbe preso malissimo la cosa; secondo, ed è il vero motivo, è che con onestà intellettuale mi sono detto: sì, va bene, ora sono pazzo di lei ma tra dieci anni? Non voglio apparire cinico ma non me la sono sentita di illuderla e di illudermi che non ci sarebbero stati problemi. Ora sono single ed avrei una grandissima voglia di trovare la donna della mia vita, una compagna di viaggio e tanto mi piacerebbe metter su famiglia. Due giorni fa ero ad una cena del circolo tennis; un amico mi presenta una ragazza dicendomi che ci vedrebbe bene insieme. Siamo stati vicini a cena ed abbiamo socializzato, con lei e con sue amiche. Lei, trentatreenne, carina, timida, garbata ma priva di fascino e mistero. Ma… accanto a noi, a tavola, c’era una sua amica. Cinquantaquattrenne. Terribilmente affascinante, con uno sguardo magnetico, spiritosa e arguta. Mi ha immediatamente colpito. Siamo stati a parlare per circa un’ora alla fine della cena ed è scattato subito un feeling incredibile. Ho preso il suo numero ma non l’ho ancora contattata. Che dici, sono condannato a non sposarmi o comunque alla prospettiva di non avere figli (che tanto desidererei insieme ad una “donna per la vita”) o devo non ricadere in tentazione perché se persevero prima o poi potrò cadere in quella cosa meravigliosa che è l’innamoramento anche nei confronti di una mia coetanea? —Firmato Tommyocchiblu (lettera firmata, via email)
Tommy, Tommy. Forse riesco a inquadrarti: bello, atletico ( il tennis), colto e estremamente simpatico. Con una buona posizione, una corolla di amici premurosi ( che si preoccupano di farti sedere accanto alle fanciulle imberbi, ignari dei tuoi gusti). Immagino anche la corte delle ragazze, le trentenni bionde e longilinee che, al tuo cospetto, assumono subito un atteggiamento timido e garbato, convinte ( ahiloro!) di fare così colpo su un « ragazzo da sposare » . Ti confesso che leggendo la tua ( simpaticissima) lettera, il mio primo pensiero è andato alle donne giovani e ancora intrise di illusioni: quante ne hai fatte cadere stecchite con un semplice messaggio su WhatsApp o con un « Dai, ti chiamo presto » , accompagnato da un sorriso? Dì la verità, Tommy, Tommy. Poi, certo, ci sono le signore « in età » ma ancora piacenti, eccome. Ma queste belle dame sornione, che sanno bene come si cattura l’attenzione di un ragazzo ( col cavolo che loro si fingono timide
e garbate, loro promettono fugacità meravigliose) e che sorpassano così a destra la trentenne silenziosa, queste belle dame, dicevo, secondo me non se lo pongono affatto il problema di quello che sarà di loro tra vent’anni. Se ti guardano così, se ti soggiogano senza remore, vuol dire che hanno già deciso: per loro il domani è domani, contano soltanto l’oggi e, semmai, il bel fisico di un semi- quarantenne con gli occhi blu. Tommy, Tommy: il futuro decadente di queste donne è un problema tuo, non loro. Ma voglio azzardare un’altra ipotesi: questo tuo annoso tentennare sia davanti alla cinquantenne che davanti alla trentenne non è forse la scusa più perfetta per non scegliere né le signore né le ragazze? Non è forse il modo migliore e più elegante per continuare a cercare quella fantomatica « donna della mia vita » che non arriva perché in fondo, semplicemente, non è il momento? Perché in fondo alcuni di noi non hanno forse la fortuna/ disgrazia di bastarsi, di amarsi moltissimo e di non decidersi mai nel donarsi a qualcuno? Secondo me quello della cinquantenne, della quarantenne o della trentenne è un falso problema. Concetti come « fare una famiglia » , « trovare l’amore della vita » sono concetti astratti. La realtà è più perentoria e ha le sue regole: mi piace questo, mi fa stare bene quest’altro. Che sia per un mese o per due anni. Ma tienimi informata, mi interessa molto.
Innamorarsi a quarant’anni non è ridicolo, d’accordo. Ma a sessanta?
Un’altra sola domanda: ma innamorarsi a sessant’anni è ridicolo? O userebbe le stesse bellissime parole della risposta alla email del lettore quarantenne Luca Moscatelli? Cordiali saluti
—Luciobruno (lettera firmata, via email) Caro Luciobruno, in privato le ho promesso una risposta se possibile anche più bella di quella che ho dato a Luca ( che si chiama Moscatiello, per amor di precisione nel citare il cognome), un quarantenne che mi chiedeva, su Sette di tre settimane fa, se innamorarsi alla sua età possa essere ridicolo. Con lui ho avuto gioco facile, complice la vicinanza anagrafica. Ma come sia innamorarsi a sessant’anni posso solo immaginarlo. Vediamo. Non è forse il suo un amore in crescendo, che parte da un dolce disincanto per lanciarsi in una esplorazione ( anche dei sensi) che spaventa e attrae? Non è forse il suo un sentimento che prova a salire, piano piano, invece di partire già accelerato, come se l’innamoramento iniziale ( perché è di questo che si parla) dovesse avere per forza un andamento futuristico, bang bang zum zum? Non è forse il suo un amore che contempla già il senso della perdita, perché a sessant’anni questo si è sedimentato in tanti piccoli cunicoli di realismo, se non di disillusione? Io immagino, caro Luciobruno, che i sessant’anni siano una piccola palestra di disinganno e che cosa c’è di meglio di questo per avviare un amore? Dunque, di quale ridicolaggine stiamo parlando? Le è piaciuta la mia risposta? Comunque vorrei chiudere con un verso di uno dei miei poeti preferiti, Vittorio Sereni: « di momento in momento credici a quell’altra vita,/ di costa in costa aspettala e verrà/ come di là dal valico un ritorno d’estate » .
Io immagino, caro Luciobruno, che i sessant’anni siano una piccola palestra di disinganno e che cosa c’è di meglio di questo per avviare un amore? Dunque, di quale ridicolaggine stiamo parlando?