Corriere della Sera - Sette

Nel paese di Alice

- di Fabiana Giacomotti

Il mondo del web riserva grosse sorprese anche quando si vorrebbe usarlo come controveri­fica di granitiche certezze, per cui, digitando la voce “camouflage” su Google, invece di trovarvi come prima referenza la consueta storia sulla sua origine militare, ci si imbatte nel primo dei quattro film eponimi, un muto del 1918 di William Seiter, ex stuntman che molti conoscono come regista di uno dei primi lungometra­ggi dedicati alla moda, Roberta (1935), starring Irene Dunne e Fred Astaire che vi intonava una delle dieci canzoni più famose di sempre, Smoke gets in you eyes. Fumo negli occhi, a ben vedere lo scopo del camouflage. Camuffare, in origine “metodo utilizzato per rendere meno rilevabili le forze militari alle forze nemiche”, nel mondo civile stampa ispirata all’abbigliame­nto mimetico da guerra, è in auge più o meno dagli Anni Sessanta del Novecento, quando la fecero propria, inopinatam­ente, hippy e pacifisti, e torna in auge, come si conviene alla sua natura, a stagioni alterne, cioè a macchie. Nelle ultime collezioni maschili si è fatta decisament­e più sofisticat­a, per cui, se Moncler ne aveva tratto il tema di tutta la collezione di questo inverno, camouflage stampato, ricamato e a perline, ed Emporio Armani lo propone adesso, a impression­e, sui bomber in pelle nera, Valentino le destina per la primavera 2017 un’intera capsule a edizione limitata, ID camouflage, composta di abbigliame­nto outerwear e accessori personaliz­zabili (nella foto): i capi, dall’effetto man made, vissuto e arricchiti da una banda multicolor­e a contrasto sempre diversa, sono realizzati per la maggior parte in canvas grezzo o cotone stampato camouflage all’esterno e tinta unita verde militare all’interno. Le borse, zaini, tote, clutch, messenger e Boston bag con l’ormai classico dettaglio della borchia piramidale, sono altamente desiderabi­li anche dalle signore.

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