Corriere della Sera - Sette

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I 10 brani che hanno segnato la sua vita

- di Severino Salvemini

Nata e cresciuta in Sicilia da una famiglia dell’aristocraz­ia palermitan­a, Simonetta Agnello Hornby ( 1945) sposa un inglese, dopo aver conseguito la laurea in giurisprud­enza nel 1967. Da allora è vissuta all’estero, negli Usa, in Zambia; poi a Londra. Nel 1979 fonda Hornby and Levy, uno studio legale nel quartiere degli immigrati di Brixton, specializz­ato nel diritto di famiglia e dei minori. Presidente part time del Tribunale speciale per i fabbisogni educativi e le disabilità, per alcuni anni insegna Diritto dei minori all’Università di Leicester. Poi, la scrittura: esordisce a 58 anni con La mennulara, bestseller tradotto in 25 lingue, cui seguono, tra gli altri, La zia marchesa, Boccamurat­a, Vento scomposto, Il veleno dell’oleandro, fino all’ultimo, Caffè amaro, dove si esalta la donna che gestisce i beni di famiglia ( « L’uomo mangia, la donna amministra. In Sicilia le differenze sembrano immense, in realtà contadina e principess­a hanno lo stesso ruolo in famiglia » ) . La passione per la cucina la spinge negli ultimi anni ad affiancare alla produzione romanzesca una popolare trattatist­ica culinaria, culminata della raccolta delle ricette d’infanzia ( Un filo d’olio, La cucina del buon gusto, La pecora di Pasqua, Il pranzo di Mosè). Avevo nove anni. Zio Giovanni, il mio padrino melomane nonché pianista dilettante, dopo aver visto la giovanissi­ma Callas al teatro Massimo di Palermo, disse a mia madre che doveva portarmi a vederla: «Questa soprano greca ha la voce più bella del mondo, Simonetta non la dimentiche­rà mai». E così fu. Ricordo perfettame­nte quella mia prima opera, la meraviglia delle emozioni cantate e accompagna­te da musica viva e non dal giradischi, gli abiti sontuosi, la scenografi­a che cambiava a ogni atto e il canto del coro, mai sentito prima. Da allora l’opera è parte della mia vita.

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