Moda
Creazioni capaci di far dialogare epoche lontane, non solo costumi di scena. Quelli di Milena Canonero, celebrata a Berlino con l’Orso d’oro
Aognuno ( o a quasi tutti), un soprannome- etichetta. A Milena Canonero, s’addice quello di perfezionista riservata. Uno strano connubio per una costumista cinematografico- teatrale ( prosa e lirica): prima protagonista di una serie di ritratti dedicata a chi negli “atelier dell’illusione”, studi o sartorie, realizza costumi- abiti capaci di rendere pellicole e spettacoli indimenticabili. Da Oscar. Schiva alle interviste ( rarissime!) emerge più dai racconti di chi l’ha avuta come “compagna” di avventura sul set. Come è acccaduto a Marisa Berenson, ovvero Lady Lyndon, protagonista di Barry Lindon, la pellicola di Stanley Kubrick grazie a cui Canonero nel 1976 riceve il primo dei quattro Oscar per i migliori costumi. Berenson sottolinea l’ossessione per i dettagli della creatrice. Non solo nella realizzazione dell’abito- costume, ma nel dar vita a una sorta di seconda pelle capace di far dialogare il contemporaneo in cui vive l’attore- interprete del ruolo, con il periodo in cui deve agire: il ‘ 700 nel caso di Lyndon. Discrezione e pudore, come svela l’attrice nonché nipote di Elsa Schiaparelli, sono due principali caratteristiche di Canonero, forse la chiave di lettura attraverso cui decifrare il suo rapporto con il nume tutelare Kubrick, con cui inizia a lavorare con Arancia Meccanica ( 1971), dopo averlo incontrato nella Swinging London mentre studia nel Regno Unito storia dell’arte. Ma la forza
di Milena Canonero, senza tema di smentita tra le eccellenze italiane porta bandiera della nostra creatività, sta nella capacità di influenzare stile e moda. Quando crea il “guardaroba” per Karen Blixen alias Meryl Streep in La mia Africa di Sydney Pollack ( 1985), i modelli a cavallo tra l’inizio del ‘ 900 e gli anni Trenta, influenzano con il mood Safari intere collezioni di stilisti Usa come Saint Laurent. Geniale poi il connubio tra i colori pastello à la macaron Ladurée per gli abiti di Marie Antoinette, Kirsten Dunst nel film di Sofia Coppola, e sfumature e materiali delle calzature espressamente realizzate da Manolo Blahnik per la pellicola, tanto da far esplodere più di due lustri fa una gran voglia di Versailles style in ogni dove, dalle passerelle al design di interni: per Canonero è il terzo Oscar. Il secondo, invece, era arrivato con Momenti di Gloria di Hugh Hudson: anche quegli abiti, eco nostalgica alla sartoria inglese, influenzarono i guardaroba maschili. All’attivo, per ora, quattro Academy Awards, nove candidature e un rimpianto: aver dovuto rifiutare l’offerta di George Lucas per i costumi di Guerre Stellari, arrivata troppo a ridosso del lavoro su Barry Lyndon. Ma il tempo ripaga. Così ecco che l’edizione attualmente in corso del Festival di Berlino, ne riconosce la forza creativa con l’Orso d’oro alla carriera. Celebrazione della nostra arte italica del saper far bene.