Un saluto commosso
Cinque anni: di questi tempi, per gli aggeggi elettronici, le mode, i cicli politici, le illusioni economiche, un lustro vale come un salto di generazione. Quando firmai il primo editoriale su Sette, per esempio, in Vaticano sedeva un timido papa tedesco. Un anno dopo presi la prima settimana di ferie; raggiunto il luogo di vacanza, mi telefonarono dal giornale: « Si è dimesso il papa! » . « Inventatevene una migliore se volete farmi tornare » . Poco dopo, sul trono di San Pietro saliva un estroverso cardinale argentino e l’altro, emerito, si ricavava una casetta nei giardini della cittadella. Al governo c’era il professor Mario Monti, senatore a vita in una notte, per essere poi estratto dal cilindro del presidente Napolitano come salvatore della patria naufragata sullo spread. Le lacrime, in quei giorni, rigavano il volto di un’altra prof, la signora Fornero, contrita in tv come una madonnina di devozione popolare. Annunciava sacrifici per l’Italia più debole, ma ne aveva fatti pure lei, di sacrifici, partendo la mattina presto dal Canavese per andare a studiare a Torino. E quali risultati aveva ottenuto? Era diventata ministro. La storia la rivaluterà, credo, per aver sottoscritto decisioni impopolari ma necessarie ( se solo ne avesse ripartito meglio il costo e contato a dovere gli esodati) ed essersi lasciata stoicamente seppellire dagli epiteti più violentemente creativi che la scena politica italiana annoveri. Le lacrime: quelle, però, poteva risparmiarcele. Gian Antonio Stella fu il primo, su Sette, a far “vuotare il sacco” a Beppe Grillo. Lo mettemmo in copertina che sembrava Rasputin, ma in realtà era il Barone rampante di Italo Calvino, proprio mentre i suoi ragazzi, in diretta web, disperdevano le illusioni di Pier Luigi Bersani, vincitore delle elezioni, nei panni del Cavaliere inesistente. Inutile dire che il terzo personaggio della trilogia, il Visconte dimezzato, era Berlusconi sul viale del tramonto. Nella stratificazione di questo lustro si passa per Enrico Letta ( doveva stare sereno), e per Matteo Renzi ( doveva durare un ventennio). Se ci mettiamo l’Isis, il terrorismo in casa, le migrazioni, Brexit e Trump, risulta palese che quest’ultimo lustro è stato, in realtà, lungo come un secolo. Vi chiederete come mai mi sia perso nei ricordi: per un commiato, commosso, da questa colonna. È giunto il tempo di passare il timone di Sette a un bravissimo collega, Beppe Severgnini, che sarà in sella tra qualche settimana, giusto il tempo di mettere il turbo al suo progetto. Passo alle pagine del Corriere, ringraziandovi per l’affetto con cui avete accolto Sette nelle vostre case in questi cinque anni. È stata un’indimenticabile esperienza.