Una scena, un’immagine appena
Lo specchio d’acqua di un ruscello in mezzo alle montagne, dentro vi scorgiamo il volto d’uomo. Le sue fattezze sembrano trasfigurate dall’andamento delle correnti e dai mulinelli causati dalle rocce. Ha i capelli lunghi e il suo viso, magro e sporco, mal cela gli stenti che ha vissuto. I suoi occhi azzurri guardano nel profondo e si dipingono di nero: spalancati, quasi spiritati. Le onde cambiano il suo volto in una figura sacra: è la faccia di un cristo del Seicento, con la corona di spine sulla fronte che gronda sangue dalle ferite. Forse è un ricordo di quando studiava da bambino o forse è il suo stato di debolezza che lo porta a trascendere, a identificarsi con un martire, con lo stesso Gesù sulla croce. Nuovamente la sua immagine prende il posto di quella sacra. La follia e la disperazione vincono la ragione spingendolo a ridere. Ora l’acqua del ruscello sembra seguire i suoi pensieri distorti e agita la sua figura rendendola una maschera, un satiro, un essere indiavolato che ha perso la fede. Ha visto la morte, il martirio, la sofferenza, la povertà, la violenza e non sa più dove vagare in cerca di ristoro. Le sue lacrime si mischiano alle acque del fiume e scendono in piena verso la valle. Un silenzio straniante ci fa presagire che questo altro non è che l’inizio di un viaggio, di perdizione o forse di eterno amore.