ControVerso
«Predatori del mondo [i Romani], da quando alla devastazione totale sono venute meno le terre, sprofondano lo sguardo anche nel mare; per avidità se il nemico è facoltoso, per vanagloria se è povero […]. Soli fra tutti, guardano con occhio cupido alle ric
Nata come una “lode funebre” per commemorare il suocero Giulio Agricola, questa “biografia” ( composta nel 98) si configura come una monografia storica, in cui Tacito racconta le guerre britanniche e, in particolare, i meriti del governatore romano nell’amministrare quei territori difendendo, in maniera esemplare, gli interessi dello Stato con onestà e dignità. Tra gli episodi narrati colpisce, per la sua forza etica, il discorso tenuto ai suoi uomini da Calgaco, capo dei Caledoni, per incitarli alla rivolta contro i Romani. Il comandante ( « segnalato tra tutti per valore e nobiltà di nascita » 29, 4) sprona alla guerra per difendere il valore supremo della libertà ( « Ogniqualvolta esamino le cause della nostra guerra [...], nutro grande fiducia che questa giornata e il vostro accordo segnino l’inizio della liberazione per l’intera Britannia » ) . Se fino a oggi « siamo stati difesi [...] dal nostro stesso isolamento e dall’oscurità del nome » , ora la flotta dei nemici è vicina e « dalla tracotanza » dei Romani non ci si può salvare « con l’ossequio e la sottomissione » . Siamo di fronte a « predatori del mondo » che avendo devastato sterminate terre adesso « sprofondano lo sguardo anche nel mare » . Conquistano per « avidità se il nemico è facoltoso » e « per vanagloria se è povero » . Per loro, l’atto del « depredare, trucidare, rubare » viene mascherato « col nome bugiardo di impero » . E laddove « fanno il deserto, gli dànno il nome di pace » . Per queste ragioni, « noi, integri e indomiti e decisi a combattere per conservare la libertà [...] mostriamo sùbito [...] che uomini si sia tenuta in serbo la Caledonia » ( 31, 4). Tacito non è il primo a immaginare, in maniera verosimile, il punto di vista dei “nemici” ( artificio già usato nella storiografia greca, in particolare da Tucidide, e poi, tra i latini, da Cesare e Sallustio). Ma le parole di Calgaco non esprimono solo l’accorato appello a difesa della libertà dei Britanni: attraverso di esse emerge anche la critica che lo stesso autore muove al degradato imperialismo romano e al diffuso servilismo dominante. L’avidità, l’ambizione fine a se stessa e l’esercizio della violenza ( segni di declino) offuscano gli antichi valori di una società in cui ai “vinti” non venivano negate né libertà, né dignità umana ( e di decadenza dei costumi, a causa del passaggio dalla repubblica all’impero, Tacito parla anche nel Dialogo sugli oratori a proposito dell’eloquenza, che degenera quando manca il confronto delle opinioni e quando la vita civile viene dominata dal servilismo e dall’adulazione). I fatti non si mascherano con le parole: non si può chiamare imperium la distruzione di un popolo, così come non si può chiamare pace la desertificazione programmata dai conquistatori. Riflessioni che invitano a meditare anche sull’uso che i “predatori” fanno del linguaggio: quante volte, con l’intento di “esportare democrazia”, sono stati razziati territori ricchi di petrolio? Il monito di Agricola, estrapolato dal contesto, ci ricorda che morire per un ideale è meglio di una vita senza onore: « una morte onorata vale più di una vita vergognosa » ( 33,6).