Non c’era Marazza tra i riciclati fascisti
Un lettore manda un’importante precisazione a proposito di un libro recensito. Continuano gli interventi sui temi più “gettonati” degli ultimi tempi: le scelte dei vegani e le conseguenze del Sessantotto
Nell’articolo di Mirella Serri ( Sette del 24 febbraio) “Gli uomini del fascismo riciclati anche se criminali” mi dispiace sia stato inserito un nome totalmente estraneo al fascismo: Achille Marazza. L’avvocato Marazza non ha eredi diretti e quindi mi permetto io di chiedere una rettifica: ero ancora bambino, nel 1940 e 1941 quando sentivo, fuori dalla porta del salotto, le discussioni fra i fondatori del gruppo clandestino milanese della Democrazia Cristiana, fusione fra i Neo Guelfi (Malvestiti e Malavasi) e i Popolari (Augusto De Gasperi, mio padre, Enrico Falck, Clerici, Marazza eccetera). Marazza era attivo nel Partito Popolare prima dell’avvento del fascismo. Marazza è stato poi attivo nella Resistenza come rappresentante della Democrazia Cristiana nel CLN Alta Italia e firmatario insieme a mio padre, a Pertini, Lombardi, Longo ecc. (due per partito) del manifesto della Liberazione il 25 aprile del 1945. È stato Achille Marazza a capo della delegazione che, presso il Cardinale Schuster, ha tentato di ottenere la resa incondizionata dei fascisti: Mussolini è invece scappato travestito da soldato tedesco. Achille Marazza ha combattuto come ufficiale di complemento nella Prima guerra mondiale, poi ha avuto gli avanzamenti di grado nella riserva fino a Maggiore. Richiamato nel 1942 è stato inviato in Jugoslavia da dove è riuscito a tornare dopo l’8 settembre 1943. Non mi pare proprio che un richiamato nell’Esercito Italiano si possa accusare di fascismo se non ha, come non ha, aderito ai “Repubblichini”. Esprimo poi i miei dubbi su le accuse di parte jugoslava fatte subito dopo la guerra, momento di drammatici scontri verbali e fisici, su Trieste, Istria, Dalmazia, foibe, uccisioni fra partigiani, quando ogni accusa serviva alla propria parte. Aggiungo una nota personale: Achille Marazza non solo ci ha ospitati a casa sua a Borgomanero quando eravamo sfollati da Milano (1942-1943), ma ci ha trovato rifugio da suoi amici a Milano quando clandestini e sotto falso nome siamo tornati a Milano e mio padre lavorava per le organizzazioni partigiane. È stato anche mio padrino di cresima, ma per procura perché nel maggio 1943 era ancora in Jugoslavia: e il suo delegato a farmi da padrino era l’avvocato Borgna di Borgomanero, poi decorato della medaglia d’oro della Resistenza.
— Marco De Gasperi Risponde Mirella Serri: Gentilissimo De Gasperi, prendo atto e la ringrazio della sua interessante notazione e la rinvio alla mia fonte, al libro di Davide Conti, Gli uomini di Mussolini. Prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica italiana e in particolare alle pagine 177- 188.
Le scrivo dopo aver letto la lettera di un agricoltore che esprimeva la sua opinione sui vegani. Vorrei anch’io esprimere il mio punto di vista dato che, da diversi anni, conduco la mia esistenza sforzandomi di non far soffrire altri esseri viventi senzienti e di non essere complice dello sfruttamento ignobile che l’umano compie sugli stessi. Non amo le etichette, ma per semplificare userò il termine “vegano”. Chi si comporta da vegano non segue una fede come afferma il sig. Zanetti, agricoltore: non si tratta di appartenere ad una setta, ma piuttosto di tener fede alla propria coscienza e agire in accordo con essa, in ogni ambito della vita quotidiana. D’altronde a cosa serve essere dotati di un senso etico e di una capacità di riflettere su ciò che riteniamo giusto o sbagliato, se poi non si mettono in pratica le proprie convinzioni? Mi pare, piuttosto, che siano molto diffusi dei banali luoghi comuni. Nelle famiglie vegane non si impone proprio niente: si mangia tutto quello che non è di origine animale e questo comportamento diventa una consuetudine. Alcuni sono abituati a considerare “normale” cucinare con carne e latticini? Bene, lo è altrettanto farne a meno, per altri. Non c’è alcun valido motivo per considerare una pietanza qualsiasi a base di carne o formaggio una legittima proposta alimentare, mentre un piatto di pasta e fagioli o altro, ma senza derivati animali, debba essere un’imposizione. Ormai la letteratura più aggiornata, in ambito nutrizionista, afferma che a qualsiasi età si può seguire una dieta priva di derivati animali a patto che sia adeguatamente bilanciata; anzi è ampiamente risaputo che per mantenersi in salute è consigliato ridurre i derivati animali. Per concludere, a proposito delle contraddizioni che il signor Zanetti attribuiva ai vegani, vorrei far notare che, in una realtà come quella attuale, in cui dilagano la violenza e la sopraffazione del forte sul debole, i vegani sono proprio i più coerenti dato che, con il loro modo di vivere, rispettano la vita di tutti gli esseri viventi senzienti. — Caterina Servi Scarselli
Vorremmo accettare la “provocazione” riguardo il ‘68 condividendo l’articolo di Cotroneo e avendo avuto esperienza diretta di quegli anni. Dando per scontata la buona fede della generazione in questione, il concetto di “democrazia” avviato in quegli anni e oggi all’apice è responsabile di vari danni: prima di tutto l’azzeramento delle differenze, delle valutazioni, delle competenze, delle conoscenze. Per capirci subito basti pensare alla scuola e a molti atteggiamenti che in politica oggi azzerano passato, presente e quindi futuro. Ma più in generale, pensiamo che la “rivoluzione libertaria” di cui parla Cotroneo, avrebbe bisogno, oggi, della formulazione di un giudizio storico. Se abbiamo giudicato storicamente la rivoluzione francese, il fascismo, lo stalinismo perché 50 anni dopo non dovrebbe avvenire lo stesso per il mito che fonda il nostro presente?
— Anna Giordano e Rodolfo Granafei