Cosa significa avere (l’Italia) del gas in un pannello di controllo
Dal megaschermo verde in un bunker nelle brume milanesi si gestiscono i flussi del combustibile fossile più “green” in mezzo mondo. Attribuendo al nostro Paese un ruolo chiave in campo energetico
Èverde come un campo di calcio e lungo come mezzo campo da tennis. Fa un leggero arco, per essere abbracciato con un solo colpo d’occhio. Nella leggera penombra, balzano all’occhio rapidamente i nomi degli snodi e delle molteplici centrali e “stazioni” di passaggio: Malborghetto, Minerbio, Falconara, Turbigo, Cherasco... Un’Italia meno conosciuta eppure cruciale. Perché è il nostro Paese, quello “steso” in orizzontale nel grande di-
splay rettangolare luminoso. Disegnato con le linee tracciate dai gasdotti che l’attraversano, come vene ed arterie, in lungo e in largo per i 32.500 chilometri della capillare rete nazionale. Si vedono le pulsazioni che determinano i flussi del gas, le “farfalline” che sottolineano le connessioni e le bandierine colorate che rappresentano i punti di transito dai “confini”: Austria, Francia, Svizzera, Algeria, Tunisia. C’è anche il tricolore rosso- nero- verde della Nuova Libia. Quando si dice avere l’Italia in un pannello di controllo. Siamo nel “bunker” del Dispacciamento della Snam, a Metanopoli: un enorme cubotto di cemento armato, sormontato da un’alta colonna con le antenne del ponte radio, immerso nelle brume milanesi. Per entrare, oltre il cancello principale del primo player europeo nel campo delle infrastrutture del gas ( quindi, in estrema sintesi, nel suo trasporto, nello stoccaggio e nella cosiddetta rigassificazione), bisogna superare uno strettissimo tornello da stadio, poi altre due cabine cilindriche antiproiettile per il “passaggio persone” come quelli delle banche.
Un lavoro h24. Tanta sicurezza non è esagerata. È da qui, da questa sala silenziosissima dove squadre di quattro persone si alternano in turni 24 ore su 24, che la Società Nazionale Metanodotti ( così si chiamava per esteso al battesimo, nel 1941) porta energia in forma di gas naturale alle caldaie degli italiani. E non solo a noi, visto che ormai Snam ( che non è più parte dell’Eni già dal 2012) è presente, dalla Gran Bretagna alla Francia, in altre sei nazioni europee. Del resto, il gas – in assoluto il combustibile fossile più green, date le emissioni di anidride carbonica parecchio inferiori rispetto petrolio e carbone e la resa assai più efficiente – è una delle fonti di energia in maggior crescita: in Europa rappresenta già in media il 23% del fabbisogno, quota che in Italia sale a raggiungere il 36%. Con la difficoltà che ancora hanno le rinnovabili ad affermarsi al netto di sovvenzioni statali, sono in molti a considerarlo il combustibile del Ventunesimo secolo. Noi, in effetti, dipendiamo moltissimo dalle importazioni. Più del 90% del fabbisogno è rappresentato dalle forniture provenienti da Russia ( circa il 40%), Algeria e Libia: nel 2015 il 70% del gas arrivato in Italia da oltre i confini nazionali è arrivato in particolare da questi Paesi. Ma in un certo senso, proprio questa “dipendenza” ( che 11 anni fa – il tempo passa... –, con la crisi russo- ucraina e il calo delle forniture in arrivo in tutta Europa, fece tremare tutti di paura, più che di freddo visto che tutto rientrò prima di un possibile grande gelo) in realtà oggi ci fa trovare in una posizione strategica. È in Italia che confluiscono i corridoi energetici provenienti dai principali giacimenti mondiali: dall’artico russo, attraverso l’Est Europa e l’Austria; dal cuore del Sahara fino in Sicilia; dai depositi naturali del lontano Mare del Nord, scendendo lungo la direttrice che approda qui da noi attraverso la Svizzera, e presto anche dal Caucaso – dall’Azerbaijan, in particolare, con il Trans Adriatic Pipeline – sulla rotta Grecia- Albania- Puglia.
Al centro di tre continenti. Flussi – per una volta non si parla di migrazioni – che mettono il nostro Paese al centro di tre continenti. Con un ruolo strategico. « Noi non compriamo il gas: siamo quelli che, semplicemente, lo trasportano » , spiega Maria Luisa Cassano, la responsabile del Dispacciamento. Ingegnere, originaria di Asti, è in Snam da 27 anni e da tre dirige il “bunker”: « Una volta era più semplice: si programmava il trasporto, da dovunque arrivasse, ovunque andasse, un giorno prima. Ora i flussi possono cambiare ora per ora. Al termine della giornata del “gas” » , che ha una durata tutta sua, che va dalle 6 alle 6 della mattina successiva, così come l’“anno gas” corre dal primo ottobre, « tutto deve quadrare » . E con il gas naturale che viaggia a una velocità media di 27 chilometri orari – a seconda
della portata dei tubi che si trovano un metro sottoterra e della pressione determinata dalle centrali di compressione, che fa accelerare alla bisogna il combustibile più “pigro” –, e per attraversare l’intera Penisola ci mette un paio di giorni, i calcoli vanno fatti al metro cubo. Sul “videowall” verde, i numeretti cambiano lentamente: sono le cinque del pomeriggio, la giornata lavorativa del mondo “fuori” volge al termine. Tra poco, con il rientro degli italiani a casa che accenderanno riscaldamento e ac- qua calda, cominceremo a vedere qualche cambiamento più sensibile. Ma, in effetti, è tutto il mondo del gas a essere in grande evoluzione. « Le cifre sul megaschermo all’altezza delle bandierine indicano i flussi dai vari Paesi. Il gas in arrivo dalla Russia ha avuto un picco record poche settimane fa: al punto di ingresso di Tarvisio, in Friuli, sono transitati 115,6 milioni di metri cubi “siberiani”. » , racconta Maria Luisa Cassano. Erano i giorni del massimo gelo in Italia. « Il numero che indica invece l’attraversamento del valico svizzero, invece, è in calo: indica il gas proveniente dal Nord Europa. Da lì ne arriva sempre meno... » .
Doppia direzione. E qui appare una delle novità che danno sempre più forza proprio a un ruolo “chiave” dell’Italia. In effetti, per fare solo un esempio, gli olandesi hanno estratto quasi l’ 80% delle loro riserve naturali, e la produzione è caduta del 38% in due anni. E per tutti i Paesi produttori, Gran Bretagna, Paesi Bassi e Norvegia, andare a cercare il gas più verso il Polo rispetto agli attuali giacimenti non appare economicamente poi tanto conveniente. Al punto che, in prospettiva, proprio la rete Snam può ribaltare la sua funzione e andare a fornire gas a Paesi che ad oggi dipendono da una sola fonte di approvvigionamento, aumentandone la sicurezza energetica. Questo grazie agli investimenti fatti sul “reverse flow”: in parole più semplici, sulla possibilità di rendere “bidirezionali” i gasdotti. Così, sull’asse energetico Sud- Nord, Snam potrà portare gas ai mercati del Nord, compreso quello britannico, anche per la presenza della società italiana nel gestore della pipeline bidirezionale di collegamento tra Regno Unito ed Europa continentale. E sulla direttrice Est- Ovest, con il controllo del gasdotto austriaco Tag, attraverso cui passa il gas russo fino al confine con l’Austria, il “reverse flow” può permettere di ri- orientare il prodotto “orientale” verso la Germania e l’Europa dell’Est. Da qui, dal Dispacciamento, che telecontrolla a distanza ben 1.500 comandi sparsi lungo tutta la rete, è evidente la posizione chiave dell’Italia per la sicurezza energetica futura dell’Unione Europea. Del resto, se n’è già avuta una prova concreta nei mesi scorsi, quando la Francia ha dovuto, per ragioni di sicurezza, ridurre la produzione dell’energia delle centrali nucleari. Se nelle case e nelle fabbriche d’Oltralpe non se ne sono accorti per niente, è stato perché da qui sono stati aperti i rubinetti del gas proveniente dall’altra sponda del Mediterraneo e dalla Siberia.