Il conflitto degli opposti estremismi
Tra il 1936 e il 1939 in Spagna si giocano le grandi partite del secolo: tra democrazie e totalitarismi, tra comunismo e fascismo, tra la letteratura che vorrebbe modellare il mondo a sua immagine e il mondo che recalcitra... Resteranno sul terreno mezzo
Èin Spagna – tra l’alzamiento militare del 1936 e la sconfitta definitiva dei republicanos nel 1939 – che si giocano le grandi partite del secolo. Tra la rivoluzione in teoria e quella in pratica, tra le democrazie e il totalitarismo, tra il comunismo e il fascismo, tra il comunismo e il proletariato che dovrebbe dirigere tutto ma campacavallo, tra la letteratura che vorrebbe modellare il mondo a sua immagine e il mondo che recalcitra. Restano sul terreno, finita la festa, oltre mezzo milione di vittime, città devastate, chiese e case del popolo
date alle fiamme, anarquistas e sindicalistas scannati come animali, preti e suore trucidati. Non si contano i profughi. Seguono decenni di franquismo autoritario e clericale. Non è una rivoluzione, la Guerra di Spagna, né una normale guerra civile. È l’ouverture della guerra mondiale che s’approssima a grandi falcate. Che le cose stiano così non è un mistero per nessuno, né per le grandi potenze che, schierate con i repubblicani o con i militari ribelli, sono presenti in armi sul territorio spagnolo ( l’Italia, l’Urss, la Germania) né per quelle che, difendendo la propria neutralità con le unghie e con i denti, si tengono saggiamente ( ma alla lunga inutilmente) lontane dalle trincee spagnole, a cominciare dalla Francia del Fronte popolare. Prendono parte al conflitto quanti hanno puntato le loro fiches su una riforma generale del mondo: le destre e le sinistre totalitarie al potere, gli anarchici, i trotskisti in fuga dal paradiso socialista, i liberalsocialisti italiani.
Sotto falso nome. Ci sono le Brigate internazionali e, tra queste, spicca la Brigata italiana di Carlo Rosselli e Randolfo Pacciardi, che si scontra con i « volontari » fascisti inviati da Mussolini al soccorso del Generalísimo Franco e li sconfigge a Guadalajara il 23 marzo 1937, una data storica per l’antifascismo italiano. George Orwell milita nelle brigate del Poum, il Partido Obrero de Unificación Marxista, trotskista e traditore agli occhi di Mosca ma nemico
del vero bolscevismo anche agli occhi di Trotsky, che ne denuncia la timidezza dal lontano Messico ( è da laggiù che Trotsky dirige il minuscolo gruppo locale della neonata Quarta Internazionale, che ha sede in un locale affittato sulle ramblas di Barcellona). Ci sono i commissari politici e i consiglieri militari di Mosca ( tutti, tranne un paio di transfughi che prenderanno la via degli Stati Uniti per salvare la pelle, saranno richiamati in Urss e fucilati senza chiasso). Palmiro Togliatti, leader del Pc italiano, è a Barcellona sotto falso nome per conto del Comintern, l’Internazionale stalinista di cui è vicesegretario, e pianifica per conto del « Padrone » ( come in Russia i fedelissimi chiamano Stalin) il massacro puro e semplice delle opposizioni anarchiche e trotskiste, sul modello dei processi che si stanno celebrando a Mosca. Al governo, insieme ai comunisti e ai socialisti, ci sono ( strano ma vero) anche gli anarchici della Fai e della Cnt, la mitica Ceneté, il sindacato anarchico che da solo organizza praticamente tutto il proletariato spagnolo, quello catalano in particolare ( sono nemici dello Stato, né dio né padrone eccetera, ma ogni regola ha le sue eccezioni).
Quinta colonna. André Malraux è nell’aviazione repubblicana. Vola per la Repubblica anche Antoine de Saint- Exupéry, grande scrittore e giornalista. Hemingway fiuta spie dappertutto, beve come una spugna in compagnia degli altri corri- spondenti stranieri e scrive una commedia intitolata Quinta colonna, la sua opera più imbarazzante ( tempo dopo, per fortuna, scriverà anche Per chi suona la campana). C’è persino Errol Flynn, il grande divo hollywoodiano, Robin Hood in carne e ossa: sbancato dall’ultimo divorzio, cerca in Spagna un’avventura vera, ché ormai di film ne ha girati anche troppi, ma non la troverà. Da qualche parte, oltre le linee, infiltrato tra i franchisti, c’è Kim Philby, la talpa sovietica par excellence: la sua copertura è quella d’un corrispondente del Times di Londra che ostenta un’esagerata simpatia per i golpisti. Buenaventura Durruti, il grande « espropriatore » e pistolero anarchico che per trent’anni ha giustiziato nemici di classe e rapinato banche in giro per il mondo, ha guidato per un po’ in combattimento l’indisciplinata Colonna Durruti, ma è morto da poco ( non si saprà mai bene come, se accoppato dai comuni- sti per sport antieretico o vittima d’un suo stesso errore: il fucile tenuto con la canna puntata verso l’alto, un proiettile che esplode per fatalità e fine della leggenda). Insomma ci sono tutti, e la mattina del 3 maggio 1937, a Barcellona, le varie fazioni repubblicane « vanno ai materassi » , come le famiglie mafiose nel Padrino. Gli anarchici, che dall’inizio della guerra occupano la centrale telefonica di Plaza de Cataluña, vengono attaccati dalle milizie socialcomuniste: la Guardia d’assalto, le odiatissime camicie rosse staliniste. Gli operai scendono in sciopero per protestare contro la mossa dei comunisti di fede moscovita e Barcellona si riempie di barricate. Vengono assaltate le caserme e le armi sono distribuite agli operai. Passano poche ore, viene la notte, poi il giorno, e a metà mattina del 4 maggio la città è in mano al Poum, alla Gioventù anarchica e agli Amici di Durruti ( che fanno grup-
po a sé, distinto dagli anarchici ufficiali, detti con disprezzo « governativi » ) . Ma la Ceneté di lotta e di governo, bramosa di conservare l’unità della coalizione al potere, anche a costo di consegnare la Central telefónica ai comunisti e di calare così pure l’ultima mutanda, implora gl’insorti di deporre le armi: non si deve combattere tra compagni, tuonano i ministri anarchici alla radio, ma contro los fascistas. E così le milizie si ritirano e gli operai tornano al lavoro. Ci sono stati 50 morti e un migliaio di feriti. Tra i morti ci sono l’anarchico italiano Camillo Berneri, editore del giornale La guerra di classe, ucciso dai comunisti per odio ideologico, e il segretario del Poum Andrés Nin, che era stato rapito dagli stalinisti durante la sommossa e il cui cadavere orrendamente torturato, a perenne ammonimento di chiunque voglia riprovarci, sarà ritrovato qualche settimana più tardi. Passa il principio che « chi si ribella al governo e alle Guardie d’assalto è oggettivamente complice di Hitler, Franco e Mussolini » . Uno dei fondatori del partito comunista italiano, Bruno Fortichiari, pubblica in Belgio un giornale antistalini- sta, Bilan, dove si può leggere in una corrispondenza da Barcellona che, « se Lenin aveva trasformato la guerra imperialista in guerra civile, il governo rivoluzionario spagnolo ha trasformato la guerra civile in guerra imperialista » . George Orwell, rimasto di guardia sul tetto dell’Hotel Falcon durante la crisi di maggio, scriverà in Omaggio alla Catalogna: « Quando vedo un operaio battersi contro il suo nemico naturale, il poliziotto, non ho dubbi sulla parte dalla quale schierarmi » . Altre certezze non ne rimangono.