La varietà, vi prego, sull’amore
Credo sia la scelta giusta, alla luce di tutte le brutture alle quali oggi siamo costretti ad assistere. Ingiustizie, dittature, malattie, stragi. Più che mai sono convinto che nessun paradiso potrà mai compensare tutto questo orrore
Ventisei anni fa, letteralmente schifato dalla vita, decisi di non avere figli. Promisi infatti a me stesso che mai avrei messo al mondo qualcuno in questa valle di lacrime. Dopo ventisei anni di “presa visione” di ulteriori fatti e (soprattutto) misfatti verificatisi sulla faccia di questa terra (la frase evangelica “chiedete e vi sarà dato” è stata ampiamente disattesa) sono giunto alla conclusione di aver fatto la scelta giusta. Eh sì, perché questo mio potenziale figlio che non c’è non saprà mai nulla di: guerre, inondazioni, povertà, ingiustizie, dittatori, manicomi, manicomi criminali, carestie, prigioni, torture, vivisezione, tumori, molestie, campi di concentramento, sete, fame, paura, angoscia, afa, gelo, depressione, insonnia, mafia, mutilazioni genitali, disastri nucleari, ansia, stragi, pedofilia e dico a me stesso “ragazzo mio, quanto sei stato fortunato ad essere all’oscuro di tutto ciò che nessun (eventuale) paradiso potrà mai compensare. Io in questa vita mi ci sono trovato, i miei genitori non mi hanno chiesto se volessi o meno venire al mondo e il mio consiglio è di pensarci due volte prima di dare il (presunto) dono della vita a chi, per ovvie ragioni, nulla può dire sulla sua volontà o meno di nascere. Mario – lettera firmata, via posta tradizionale Caro Mario, questa sorta di moderno nichilismo riproduttivo del quale lei si fa portavoce e che in questa lettera estremizza al punto da farne quasi un manifesto esistenziale, non mi sembra affatto estraneo al tempo in cui viviamo. Anzi, io sono convinta che le nostre vite ne siano intrise e che questo sia uno dei motivi del bassissimo tasso di nascite che ci accompagna ormai da decenni. Mi spiego meglio. Certo, oggi si fanno meno figli perché si comincia a lavorare più tardi e molti, purtroppo, nemmeno riescono a cominciare. Certo, si fanno meno figli perché le tutele professionali per le donne sono esigue ( quante lavoratrici riescono davvero a conservare il posto di lavoro dopo una maternità?). Certo, si fanno meno figli perché le strutture come gli asili nido insufficienti e poco accessibili. Certo, si fanno meno figli perché l’emigrazione interna a fini professionali ha sfilacciato le famiglie, rendendo difficoltoso l’indispensabile supporto dei nonni, almeno nei primi anni di vita del bambino. Certo, ci sono tutti questi motivi. Ma a me nessuno toglie dalla testa che ci siano dei motivi più insondabili, alcuni dei quali affiorano nella sua lettera. La ormai abusata « sfiducia » della gente ( che le statistiche definiscono con l’orrendo appellativo « consumatori » ) ha messo radici profonde, scivolando lentamente dall’economia ai legami affettivi. Sfiducia nei confronti delle istituzioni rigide e antiquate ( per esempio, le scuole chiudono a giugno e riaprono a settembre: come si può pensare che ancora oggi una famiglia faccia ben tre mesi di vacanza?). Sfiducia nei confronti della famiglia stessa ( chi è che oggi fa figli con entusiasmo autentico, senza pensieri e senza rifletterci sopra per almeno qualche anno, pregiudicando, alla lunga, il desiderio?). Sfiducia, infine, nei confronti di se stessi e qui non devo dirle nulla perché la sua lettera lo racconta con cruda nudità. Se fossi una brava scrittrice di fantascienza potrei spingermi a ipotizzare un futuro in cui il pianeta finirà per estinguersi non per fame, non per ignoranza, non per guerra ma per stanchezza. Spossatezza. Sfiducia. Mario, io la capisco e non sarò di certo la prevedibile moralista pronta a rammentarle che la vita è più importante, che è sacra e via dicendo, perché credo che si faccia fatica a credere persino questo. La vita è sacra, certo, ma è sacro anche il diritto a viverla
con dignità. Le chiedo solo una cortesia: lei ha scritto una lettera tradizionale, di carta, ma ci saranno molti lettori che vorranno risponderle via email. Se vuole e può farlo, mi mandi il suo indirizzo di posta elettronica.
Da donna tradita a uomo tradito: non dobbiamo rassegnarci
(Claudia e Franco sono due lettori di questa rubrica, entrambi hanno scritto raccontando la propria esperienza. La prima è stata lasciata dal marito dopo 28 anni di matrimonio, il secondo vive in un limbo sentimentale da tempo, poiché la moglie ha iniziato una storia con un altro e ha ancora deciso che fare).
Secondo te Franco, tua moglie e mio marito lo sanno, sono ben coscienti di tutto il male che fanno deliberatamente? No, perché Franco io e te abbiamo un bel problema se loro sanno di fare del male e continuano ad andare avanti per la loro strada senza ripensamenti e senza pensarci troppo. Vuol dire che siamo stati con due persone cattive e crudeli. Seconda domanda: ma caro Franco come abbiamo fatto a non accorgerci del vero carattere di queste due persone? Tua moglie e mio marito sono le persone di adesso, cioè quelle che calpestano i sentimenti altrui, oppure sono le persone che sono state con noi per trent’anni e passa? Io Franco non lo saprò mai e purtroppo non saprò mai neanche rassegnarmi. Hai ragione su una cosa, una cosa alla quale io non ci avevo pensato: manca la quotidianità quando si è distanti. Mio marito, per esempio, che mi veniva a prendere alla stazione la sera. Anche a me questo manca tanto. Coraggio Franco io sono con te. Spero di darti forza e non ti nascondo che il mio pensiero va a te più volte perché nessuno ti comprende meglio di me. Claudia
Mi fa piacere lasciare tanto spazio ai dialoghi tra i lettori, trovo a volte che diano più forza di qualsiasi risposta da parte mia. Specie quando scrive Claudia, che, insomma, al suo ex non le manda a dire! Eppure questo suo tono battagliero, mai domo, a me piace. Forse in amore bisognerebbe fare sempre così. Che dite?
Tua moglie e mio marito sono le persone di adesso, cioè quelle che calpestano i sentimenti altrui, oppure sono le persone che sono state con noi per trent’anni e passa?