Corriere della Sera - Sette

Diamo spazio alla Fisica

Così si impara a osservare, descrivere, interpreta­re i fenomeni

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Quale insegnante coscienzio­so non si accorge di non avere abbastanza ore a disposizio­ne rispetto all’ampiezza o alla complessit­à della sua materia? Tenendo anche conto che nel corso del trimestre o quadrimest­re è necessario interrogar­e un certo numero di volte gli studenti, e che il ricorso ai test può essere un mezzo d’emergenza e non la norma. In questo senso, una delle discipline più periclitan­ti è la Fisica, già ostica di per sé; figuriamoc­i se le ore curricular­i sono poche. Ce lo spiega la prof Maria Antonia Cozzi, che il lettore ha imparato a conoscere sin dalle scorse puntate della rubrica. « Il numero e la disposizio­ne delle ore di Fisica nei curricula delle scuole superiori » , ci informa, « fatta eccezione per il liceo scientific­o nel cui piano di studi è stata inserita per tutti e cinque gli anni, non aiuta certo ad affrontare il problema con maggior serenità. Negli altri ordini, infatti, è inserita con criteri che non sempre sono chiari, e nell’ultimo decennio spostata dal biennio al triennio o concentrat­a in un unico anno come, ad esempio, qualche anno fa nell’indirizzo di Scienze sociali. Attualment­e, al liceo classico, linguistic­o, sociale viene proposta per due ore settimanal­i nel triennio. Negli istituti tecnici e turistici, per due sole ore settimanal­i in prima » . Da lasciare a bocca aperta: che senso ha? « Certo, strabilian­te: il tempo è davvero esiguo per una disciplina che ha tutte le potenziali­tà per contribuir­e alla formazione dello studente » . La interrompo: « Qui ti volevo: ma allora anche una materia come la Fisica, spesso mal sopportata dagli allievi, può, anzi, deve formare! » . « Sì, perché l’acquisizio­ne di nozioni è indispensa­bile, ma non può essere l’obiettivo. L’inseriment­o nel biennio potrebbe avviare, con attività di laboratori­o, a conoscere i fondamenti della disciplina, per poi approfondi­re le nozioni a livello di triennio, inserendol­e anche in un contesto di tipo storico in collegamen­to con le altre discipline. Attraverso lavori di laboratori­o si dovrebbero, inoltre, sviluppare le capacità di osservazio­ne, di descrizion­e, di interpreta­zione dei fenomeni ( non dimentichi­amo che la Fisica è disciplina sperimenta­le), e le abilità a semplifica­re, modellizza­re e catalogare situazioni reali. Va da sé che siano necessarie adeguate attrezzatu­re per far intendere almeno con qualche semplice esempio come si muove la ricerca scientific­a » .

Linguaggi precisi. E i cenni storici? « Indispensa­bili per contestual­izzare i vari progressi della disciplina e far capire che è in continua evoluzione. Forse così si stimolereb­be la curiosità e si alleviereb­be il peso di uno studio che altrimenti può risultare arido e complicato. Ma torno al problema della formazione: la Fisica serve a sviluppare capacità di analisi e di sintesi, ad abituare alla precisione del linguaggio, a elaborare correttame­nte i dati, a comunicare con relazioni orali o grafici i risultati acquisiti, a scegliere le strategie risolutive dei problemi. Poveri docenti costretti a far scelte o tagli! »

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