Tornano i grandi baffi di Sam Pezzo
All’epoca, tra i Settanta e gli Ottanta, baffi così li avevano solo Freddie Mercury e Patrizio Peci, il primo dei brigatisti pentiti. Erano baffi vistosi, d’altri tempi, baffi a spazzolone che Sam Pezzo portava con disinvoltura insieme al Borsalino, al trench e alla pistola a tamburo. Al pari di Freddie Mercury, immagino che Pezzo, il poliziotto privato delle tavole in bianco e nero di Vittorio Giardino, portasse baffi esagerati per farsi notare. Perché li portasse Peci, terrorista in clandestinità, è invece un mistero, ma doveva esserci dell’ostentazione anche lì. Bolognese, Sam Pezzo è il protagonista di storie notturne, piovose. Ci sono appostamenti nel buio, revolverate nei retrobottega dei bar, incontri con dark ladies e questurini maneschi, brave ragazze, tossici e bohémien. Si beve whisky, e l’aria profuma di piadine. Sono gli anni del Dams e dell’Io diviso, dei cineclub con vecchi noir hollywoodiani in cartellone, di Radio Alice. Nelle avventure di Sam Pezzo c’è questo rumore di fondo. Nel 1983, quando Sam Pezzo esce di scena, il suo autore «si perde in altre storie», come diceva Hugo Pratt di Corto Maltese. Nelle storie anni Trenta di Max Fridman, agente segreto al centro di tavole minuziosamente disegnate, scrupolose, attente ai dettagli; quindi passa a scrivere e disegnare storie erotiche, à la Schnitzler. Congedato da più di trent’anni, Pezzo deve accontentarsi delle ristampe, ma leggetelo (o rileggetelo) e vedrete che a dispetto dei suoi baffi senza misura rimane one of us, uno di noi, come dicevano i marinai di Joseph Conrad dei vecchi compagni. Sam Pezzo. Un detective, una città di Vittorio Giardino, Rizzoli Lizard 2016, pp. 272, 25 euro