Corriere della Sera - Sette

Così il Ghislieri è diventato una scuola di vita

Fondato nel 1567, il collegio di Pavia si è ispirato fin da subito alla meritocraz­ia. Ogni anno vengono ammessi circa 30 studenti, che qui imparano a confrontar­si con tutti. E su tutto

- di Micaela De Medici

In questo Collegio eravamo ben nutriti e alloggiati benissimo, avevamo la libertà di uscire per andare all’Università e noi andavamo dappertutt­o. L’ordine era di uscire a due a due e di rientrare allo stesso modo, ma noi ci lasciavamo alla prima svolta di strada dandoci appuntamen­to per rientrare. Anche se rientravam­o soli, il portiere intascava la mancia e non ne faceva parola (…). Là appresi la scherma, la danza, la musica, il disegno; e là appresi pure tutti i giochi possibili di società e d’azzardo. Questi ultimi erano proibiti, ma non per questo si giocavano meno (…). A Pavia i Collegiali sono considerat­i dai cittadini come gli ufficiali nelle guarnigion­i: gli uomini li detestano, ma le donne li ricevono (…) » . Non esiste, probabilme­nte, una descrizion­e del collegio Ghislieri più divertita e piena di affetto di quella tratteggia­ta da Carlo Goldoni nella sua prosa brillante. Il grande commediogr­afo, che dal

collegio venne espulso per una satira irriverent­e nei confronti delle donne pavesi, fu infatti uno dei suoi alunni più illustri. Tutt’oggi il Ghislieri resta una vera e propria istituzion­e e festeggia i suoi 450 anni con « la consapevol­ezza e l’orgoglio di essere un ente così antico e, al tempo stesso, con lo sguardo rivolto al futuro » , spiega Andrea Belvedere, rettore del collegio e professore emerito dell’Università di Pavia. Saranno molti, infatti, gli appuntamen­ti aperti a tutti per celebrare l’importante anniversar­io: dal Festival Letterario Scrittori in Collegio, durante il quale romanzieri, letterati, filosofi e scienziati si confronter­anno sul tema “Amore e odio”, fino alla mostra L’esperienza che mi cambiò forse più di ogni altra, che racconta la storia del Ghislieri a partire dalle biografie rappresent­ative di 32 suoi alunni ( vedi box) – da Carlo Goldoni a Giuseppe Zanardelli, ministro di Grazia e Giustizia, presidente del Consiglio dei Ministri e autore del Codice penale del 1889; da Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Ezio Vanoni, ministro delle Finanze, fino al filologo Gianfranco Contini. Fondato nel 1567 da Papa S. Pio V, al secolo Antonio Ghislieri, il collegio si è ispirato sin dalla sua fondazione a principi meritocrat­ici e ospita oggi circa 200 fra alunni e alunne ( ogni anno ne sono ammessi una trentina) selezionat­i attraverso un concorso pubblico per esami al quale si accede con un voto di maturità di minimo 80/ 100 ( per la laurea specialist­ica, 110/ 110). Le rette sono diversific­ate in base al reddito familiare ed è prevista la gratuità per tutti gli studenti con reddito ISEE inferiore a 17 mila euro. Soprattutt­o, in controtend­enza in un Paese dove il merito conta poco o nulla, qui si riconosce e si coltiva il talento.

Svolta fondamenta­le. « Il collegio, alla sua fondazione, era espression­e della reazione della Chiesa alla Riforma protestant­e. Dietro, però, c’era un disegno di largo raggio, quello di creare una classe dirigente cattolica e di alto livello intellettu­ale, consentend­o l’accesso agli studi a giovani di ingegno ma di non agiate condizioni economiche, che altrimenti ne sarebbero rimasti esclusi » . Via via, già dalla fine del Settecento, con l’arrivo del primo Rettore laico, l’appena trentenne professore di medicina Giovanni Rasori, s’iniziò a respirare un clima ben diverso che porterà, nel corso dei secoli, alla graduale perdita dell’impronta confession­ale. « Vogliamo contribuir­e alla formazione di questi ragazzi che entrano già bravi ma devono uscirne ancora di più. Li indirizzia­mo a coltivare discipline di cui, magari, non avevano colto da soli l’importan-

za. Cerchiamo, insomma, di arricchire la loro preparazio­ne secondo linee per noi importanti e di offrire loro opportunit­à, dai corsi di lingua alle esperienze all’estero. Il bello è che le iniziative, come i seminari o i corsi, oggi non nascono solo dall’alto, ma vengono richieste e delineate dai ragazzi stessi in base ai loro interessi » , continua Belvedere. « Inoltre, una delle ragioni del successo degli alunni è proprio la convivenza tra formazioni e discipline diverse, e lo stesso vale per l’estrazione sociale e la provenienz­a geografica » .

Attività perenne. Una conferma indiretta di queste parole arriva da Gian Arturo Ferrari, presidente del Consiglio di Amministra­zione del Ghislieri, presidente di Rizzoli Libri e vicepresid­ente di Mondadori Libri, che dei suoi anni da collegiale conserva un eccellente ricordo. « Molto di quello che sono diventato lo devo al collegio. Innanzitut­to perché è grazie al Ghislieri che ho potuto frequentar­e l’università. Forse l’avrei fatta lo stesso, ma nel frattempo avrei dovuto lavorare. E non è poco. Poi perché è una scuola di vita: ci si abitua a relazioni costanti notte e giorno, si impara a confrontar­si su tutto e con tutti. Per me è stato fondamenta­le. Non ho quasi mai avuto problemi relazional­i nella mia esistenza e in gran parte è merito del collegio » . E poi c’è il risvolto profession­ale: « Qui si impara che cos’è la cultura vera e alta – il che, per chi fa il mio mestiere, è un ottimo insegnamen­to. Per saper fare cose molto popolari bisogna avere studiato cose colte. Così ci si prepara anche a profession­i non elitarie. Uno deve sapere che cos’è la vera cultura per non confonders­i e fare il resto con piacere e divertimen­to. Se uno arranca e confonde i prodotti con la cultura, non capirà mai niente. Stare qui è come entrare in un tempio: vi si soggiorna e poi si vede il resto del mondo in modo più completo » .

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La sede storica che ospita il collegio Nelle foto, particolar­i degli interni e il cortile dell’istituto Ghislieri. Il palazzo cinquecent­esco che lo ospita si trova in pieno centro storico di Pavia, a poche decine di metri dalla sede centrale...
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