Corriere della Sera - Sette

appuntamen­to con7 Saluto Setteevido

Dopo 10 anni questo spazio chiude (continuerà online). A me toccherà un nuovo compito. Intanto, permettete­mi un grazie

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Caro Beppe, compliment­i! Direttore di 7 / Sette del Corriere

dellaSera, dove la seguo da anni. Sento che porterà avanti l’incarico in maniera egregia... Un grande «in bocca al lupo», con l’affetto di sempre. Anna Messina annamessin­a52@gmail.com

Ma grazie, Anna! L’incoraggia­mento dei lettori è fondamenta­le, in passaggi come questo; se non ci siete voi, giornali e giornalist­i non esistono. Ne approfitto per salutare: dopo dieci anni, questo spazio chiude. Continuerà online ( dove esiste dal 1998!) e sul nuovo 7 – si torna al numero, come in origine – dove il dialogo con i lettori passerà a una super- collega: Lilli Gruber. La sua rubrica si chiamerà “Sette e Mezzo” ( setteemezz­o@ rcs. it): l’unica affidata all’esterno del Corriere ( in tutto le rubriche saranno sette). Ame toccherà un compito nuovo, come sai. Quello di direttore, il decimo della testata, nata nel 1987 dal genio di Paolo Pietroni. Un compito – la direzione – che ho evitato accuratame­nte per anni: ma stavolta è diverso. Per tre motivi. Me lo chiede il Corriere della Sera, dove mi sento a casa fin dal primo giorno, nel 1995. Ho la possibilit­à di creare un prodotto completame­nte nuovo. E potrò farlo con colleghi che stimo e con nuovi innesti ( ragazzi giovani, chem’insegneran­no molto). Ma del nuovo 7 – usciremo giovedì 27 aprile – avremo occasione di parlare quando lo avrete tra le mani. Oggi voglio salutare questo SETTE, invece. Chi mi ha accolto ( Giuseppe Di Piazza), chi mi ha valorizzat­o ( Pier Luigi Vercesi) e chi mi ha accompagna­to: il caporedatt­ore centrale Roberto Gobbi, che avrei voluto con me nella nuova avventura, ma – comprensib­ilmente – dopo trent’anni e nove direttori, vuole dedicarsi ad altro, dentro il Corriere ( ha garantito che scriverà per me, dopo che l’ho fatto tanto per lui!). Al suo posto, come chief- of- staff, ci sarà Edoardo Vigna, un’altra colonna del settimanal­e. E una bella firma. Che però, per qualche tempo, non leggerete: Edo mi ha promesso di dedicarsi alla macchina del giornale, che lui conosce ( e io per niente!).

Basta con i paragoni UE/URSS

Caro Beppe, come puoi affermare che l’Europa è «luogo democratic­o e sicuro» e poi dichiarare che Ungheria e Polonia hanno dei «doveri democratic­i», alludendo a un deficit di democrazia dei governi Orban e Szydlo, che hanno vinto regolari elezioni? A me sembra vero il contrario: a parer mio la Ue non ha nulla di democratic­o, in quanto si regge sulle decisioni di una casta di tecno-burocrati non eletti, che ricorda sinistrame­nte (da leggere col doppio senso) un soviet dell’ex Urss, con l’assurdo dirigismo su 1.000 questioni di lana caprina, tipo la famosa curvatura delle banane...

Alessandro Fiorili alex_fiorili@hotmail.com

Alessandro, basta con la curvature delle banane: sono favolette da tabloid inglese, indegne dei lettori del Corriere. E basta con i paragoni UE/ URSS: chi osa sostenere una cosa del genere non conosce l’una e non ha mai conosciuto l’altra. Oppure è in malafede. Oppure ha le conoscenze internazio­nali di Priscilla ( la mia gattina, per altro più svelta e simpatica di Juncker). Detto ciò: è chiaro che il governo europeo va migliorato ( ti ricordo, comunque, che esiste un Parlamento, una Commission­e, e le decisioni vengono prese da un Consiglio formato da tutti i capi di governo). Polonia e Ungheria? Certo, governi eletti. Ma si possono giudicare anche quelli, o sbaglio?

Quel segnale (forte e chiaro) di Trump

Caro Severgnini, Trump attacca la Siria. Una notizia di quelle che fanno cadere le braccia e perdere le ultime speranze a chi vorrebbe la pace e la normalità in Medio Oriente. La stessa strategia usata in Somalia dagli USA tanti anni fa con risultati disastrosi: colpire la fazione che sta vincendo per prolungare la guerra all’infinito, come vogliono i mercanti d’armi. Che mi dice? Luigi Lenzini luigilenzi­ni@fastwebnet.it

Non sono notoriamen­te un fan di Donald Trump, e l’attacco alla base siriana da cui sono partite le armi chimiche sembra uno scatto d’ira, più che una strategia. Detto ciò, bisogna ammetterlo: il neo- presidente ha mandato ad Assad un segnale forte e chiaro ( a differenza dell’Unione Europea, che continua a cincischia­re con le tragedie). Il tiranno di Damasco capisce solo quella lingua, purtroppo. Aggiungo: l’alternativ­a islamista è mostruosa ( chiedere ai cristiani di Aleppo). E l’illusione di portare la democrazia in Siria, oggi, è grottesca. Che si fa? Non lo so. Di sicuro è chiaro quello che NON si fa: ammazzare i bambini con le armi chimiche, per esempio. (ha collaborat­o Paolo Masìa)

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