leggaiDiMaiod’America Di Maio,
Un consiglio al vicepresidente della Camera che l’ha sparata grossa sui rumeni: ripassi ciò che scrivevano e dicevano negli Usa al tempo dell’emigrazione italiana
Il guaio è che non si riesce a trovarne uno che sia onesto » . Cosa avrebbe detto Luigi « ‘ O Parlettiero » Di Maio davanti a un’idiozia come quella di Richard Nixon contro gli italiani e in particolare i meridionali? Era il ’ 73 e il presidente stava sfogandosi con John Ehrlichman, uno stretto collaboratore alla Casa Bianca, intercettato perché coinvolto nell’affare Watergate. Aveva la testa piena di stereotipi, quell’uomo destinato all’impeachment. E dei nostri immigrati, in larga parte del Sud, diceva: « Non sono, ecco, non sono come noi. (…) La differenza sta nell’odore diverso, nell’aspetto diverso, nel modo di agire diverso » . Insulti che pure « ’ o parlettiero » ( sinonimo partenopeo di chiacchierone, ciarliero, garrulo o se volete « parulano » , « ‘ nzacarrone » , « favone » , « iaqóco » ) avrebbe considerato razzisti. Così come razzista è stata la settimana scorsa la sua sparata sui rumeni. Dovuta al pressappochismo con cui il vicepresidente della Camera, approssimativo non solo sui congiuntivi, aveva ricordato a modo suo un dato di otto anni fa che diceva una cosa del tutto diversa. Il guaio è che Di Maio butta lì stereotipi perché non sa nulla di quelli scagliati addosso agli emigranti italiani e più ancora meridionali. Altrimenti sentirebbe sulla pelle il bruciore di quanto scriveva su di noi il sindaco di New Orleans Joseph Shakespeare scatenando nel 1890 una caccia ai « terroni » finita con undici linciati: « Il clima mite, la facilità con la quale ci si può assicurare il necessario per vivere e la natura poliglotta dei suoi abitanti ha sfortunatamente fatto sì che questa parte del paese ( cioè la Louisiana, ndr) sia scelta dai disoccupati e dagli emigrati appartenenti alla peggiore specie di europei, i meridionali italiani e i siciliani (…), gli individui più pigri, depravati e indegni che esistano tra noi » . Peggio: « Per un’altissima percentuale sono ricercati dalla giustizia o ex galeotti facilitati nell’emigrazione dal governo e dalle comunità che sono ben contente del loro allontanamento. Di rado acquistano una casa, si radunano sempre in bande, non imparano la lingua e non hanno rispetto per il governo o obbedienza per le leggi » . Altre analisi alla « dimaiese » ? New York Times nel 1882: « Non c’è mai stata da quando New York è stata fondata una classe così bassa e ignorante tra gli immigrati che si sono riversati qui come gli italiani meridionali » . O ancora il New YorkWorld- Telegram nel 1940: « Il racket, originariamente conosciuto come denaro sporco, non è una caratteristica americana ma è importato dalla Sicilia e da Napoli… » . Ancora il New York Times nel 1909: « Si suppone che l’Italiano sia un grande criminale. È un grande criminale. L’Italia è prima in Europa con i suoi crimini violenti. (…) Di regola, i criminali italiani non sono ladri o rapinatori, sono accoltellatori e assassini. » Il commissario capo della polizia newyorkese Theodore A. Bingham: per quanto sia grande la delinquenza degli ebrei, « quella degli italiani sta alla prima come cinquanta a venti, mentre il numero degli italiani sta a quello degli ebrei come uno a due. I malfattori, i banditi italiani, gli affiliati a mafia e a camorra (…) costituiscono la più grande minaccia… » . Potremmo andare avanti per ore. E parliamo solo dei razzisti americani. Poi c’erano quelli francesi, australiani, argentini, svizzeri… Eppure abbiamo regalato all’America inventori come Antonio Meucci padre del telefono, esploratori come Giacomo Beltrami che arrivò primo alle sorgenti del Mississippi, banchieri come Amadeo Giannini fondatore della Bank of Italy poi Bank of America, sindaci amatissimi come Fiorello La Guardia, registi come Frank Capra o Martin Scorsese, cantanti come Frank Sinatra o Madonna, attori come Rodolfo Valentino, Robert De Niro o Anne Bancroft. Che si chiamava Anna Maria Italiano ed era figlia di immigrati di Muro Lucano, ma aveva cambiato nome per sfuggire agli stereotipi dei Di Maio americani.