consiglio due scrittrici Vi
Una è italiana, l’altra è israeliana. Entrambe mi hanno regalato la gioia e la profondità del racconto, della vita, dei sentimenti, delle passioni
Voglio chiudere la mia Contromano, che forse un giorno potrebbe risorgere, visto il periodo post- pasquale e avendo più volte visitato a Betania, non lontano dall’amata Gerusalemme, la casa di Lazzaro ( « Alzati e cammina » ) con un omaggio a due giovanissime donne, due scrittrici che amo profondamente, al punto che mi sarebbe piaciuto averle come figlie: una è italiana, l’altra è israeliana. Entrambe mi hanno regalato la gioia e la profondità del racconto, della vita, dei sentimenti, delle passioni. Noi siamo storie, canta Fiorella Mannoia, e ha perfettamente ragione. Silvia Avallone, che mi onora della sua amicizia, l’ho conosciuta in Sardegna, ai tempi della sua prima opera Acciaio, che non esito a definire il romanzo di una vera artista. Una storia cruda, intensa, piena di cuore e di impulsi, come soltanto chi ama davvero le donne sa comprendere. Nel suo secondo libro, Marina Bellezza c’era la straordinaria forza della trasgressione. In questo terzo, Da dove la vita è perfetta ( Rizzoli, pag. 380, euro 19) Silvia esprime la potenza matura della sua maternità e del suo essere femmina completa, pronta a calamitare la forza e la debolezza degli altri. So che il suo racconto mi accompagnerà nelle prossime settimane, come un piacevole appuntamento di cui la ringrazio anticipatamente. L’altra mia favorita, Dorit Rabinyan, giovane scrittrice israeliana, va a penetrare con la violenza di una spada acuminata le mie passioni e le mie convin- zioni sul traballante processo di pace con i palestinesi. Nel suo libro Borderlife ( Longanesi, pag. 376, euro 16,90) Dorit racconta la storia d’amore tra una giovane ebrea israeliana e un arabo palestinese di Hebron. Si incontrano a New York, tra le suggestioni irresistibili della Grande Mela, non pensano al conflitto mediorientale ma alla gioia della loro reciproca attrazione. La storia nasce autobiografica, perché realmente Dorit ( come ha raccontato sul Guardian) si è innamorata di un pittore palestinese a New York, però poi ha corretto la prospettiva romanzesca, cercando di frugare letterariamente nella psicologia del compagno, nella sua famiglia, in tutte le pesanti contraddizioni, e raccontando i tormenti di un amore impossibile: tra due esseri umani legati alla stessa terra, allo stesso cibo, agli stessi sapori e odori, alle stesse passioni, ad una invincibile complicità. Eppure, la storia del libro si conclude tragicamente. Il testo, che la Commissione cultura israeliana avrebbe voluto adottare nei testi scolastici, è stato respinto dai bacchettoni del potere. E poi boicottato dai camerieri che, infischiandosene dei sentimenti umani, abbassano il capino per non dispiacere il conduttore, il leader. Dorit Rabinyan non ha paura. È una donna vera, come lo è Silvia Avallone. Giovani, brave e verticali. Il mio è un modesto omaggio che entrambe meritano.