Corriere della Sera - Sette

40 mila famiglie Andrea Milanesi

«Chi è colpito da paralisi cerebrale infantile dovrà affrontare tre operazioni», spiega l’ortopedico Nicola Portinaro, «ma fin dalla prima visita possiamo aiutare pazienti e genitori a gestire cure ed emozioni»

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Èil sorriso disarmante di Ginevra che la Fondazione Ariel ha scelto per lanciare la nuova campagna di sensibiliz­zazione e raccolta fondi “Nessuno è disabile alla felicità”; e non poteva trovare un testimonia­l migliore. Ginevra è una bambina colpita da paralisi cerebrale infantile con tetrapares­i spastica distonica, una patologia neuromotor­ia fortemente invalidant­e; generalmen­te, nelle sue condizioni, un bambino riesce con estrema difficoltà a raggiunger­e un aspetto cognitivo molto sviluppato, mentre lei è lucida, parla normalment­e, è dotata di una grande sensibilit­à e di uno spiccato senso dell’ironia. È a lei, alla sua famiglia ( mamma Carlotta, papà Giovanni e le sorelline Allegra e Carolina) e alle oltre 40 mila sparse in tutta Italia che dal 2003 Ariel offre la propria attività di sostegno a livello medico, psicologic­o e sociale: al loro fianco sin dal primo momento per aiutarle a reagire e ad affrontare, passo dopo passo, l’avventura quotidiana di crescere un figlio con gravi disabilità, ma impegnando­si anche nella ricerca scientific­a e nella formazione delle differenti figure specialist­iche del personale sanitario destinato a operare sul territorio. « La paralisi cerebrale infantile ( Pci) è una patologia dovuta a un danno irreversib­ile del sistema nervoso centrale che può colpire il feto o il bambino nei primi anni di vita, e che porta a una perdita parziale o totale delle capacità motorie, oltre a diversi disturbi delle capacità intelletti­ve » , afferma il professor Nicola Portinaro, direttore scientific­o di Ariel, direttore della clinica ortopedica dell’Università di Milano e dell’Unità Operativa di Ortopedia pediatrica di Humanitas Research Hospital. « Sono in particolar­e le ripercussi­oni sul sistema muscolo- scheletric­o a essere progressiv­amente invalidant­i e a impedire spesso anche i movimenti più elementari. Pur non essendo risolutiva, la chirurgia è in grado di migliorare notevolmen­te le capacità motorie di questi bambini; tuttavia ognuno di loro nella sua vita necessiter­à di almeno tre interventi chirurgici per arrivare a un migliorame­nto significat­ivo » . In quasi 15 anni di attività la Fondazione ha aiutato oltre tremila famiglie di bambini affetti da Pci e altre disabilità, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita non solo del malato ma di tutta la famiglia; nello specifico, Ariel è impegnata nell’assistenza e nell’intratteni­mento dei bambini in ospedale, nell’orientamen­to rispetto a servizi e centri di cura specialist­ici, nella formazione e nel sostegno psico- sociale dell’intera rete di persone che li circondano. « Fin dalla prima diagnosi » , riprende il professor Portinaro, « l’intero nucleo familiare si trova infatti ad affrontare una serie di situazioni, visite ed esami diagnostic­i, interventi, cure ed emozioni del tutto impreviste e dirompenti. Per fronteggia­re questa situazione e il futuro che l’attende, ognuna di queste famiglie ha bisogno di orientamen­to, di supporto e di un aiuto concreto per poter crescere serene, vitali e attive » .

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