In viaggio nel pianeta Totò
A 50 anni dalla morte, il genio dell’attore napoletano viene celebrato con una mostra, libri che ne ricordano le opere e una (inutile) laurea
L’anniversario dei cinquant’anni della morte di Totò ( il 15 aprile 1967, a Roma) ha innescato una serie di ricordi, commemorazioni e iniziative che hanno la loro punta di diamante nella mostra Totò genio ( aperta fino al 9 giugno) curata da Alessandro Nicosia e Vincenzo Mollica in tre sedi espositive napoletane – Palazzo Reale, Museo Civico di Castel Nuovo ( Maschio Angioino) e Convento di San Domenico Maggiore – per ripercorre il rapporto dell’artista nato a Napoli il 15 febbraio 1898, in via Santa Maria Antesaecula, rione Sanità, con la cultura del Novecento, il suo lungo rapporto con la scena e la carriera cinematografica. Altre occasioni, invece, mi sembrano compiaciute debitrici di una voglia di risarcimento postumo ( per le mancate consacrazioni in vita) che continuano a poggiare su troppi luoghi comuni. Come la laurea honoris causa alla memoria in “Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e Teoria” che gli è stata attribuita dall’Università degli studi di Napoli Federico II e di cui faccio francamente fatica a capire il senso.
L’uomo e la maschera. Non mi sembra proprio che la buon’anima di Totò abbia bisogno di questi “riconoscimenti” fatti soprattutto per gratificare il narcisismo di chi li propone. Meglio tornare a confrontarsi con chi, prima delle mode e delle “rivalutazioni”, aveva capito dove stava la genialità di Totò e l’aveva analizzata con intelligenza e passione. Come Goffredo Fofi che insieme a Franca Faldini ( l’ultima compagna dell’attore) ha scritto un libro imprescindibile sull’argomento, Totò: l’uomo e la maschera, appena rieditato da minimum fax ( pp. 404, 16 euro), dove i ricordi privati si mescolano a un’antologia dei suoi lavori teatrali, alle
testimonianze dei tanti che l’avevano apprezzato già in vita ( da Eduardo e Peppino de Filippo a Isa Barzizza, Dario Fo, Pasolini, Fellini e tanti altri ancora) fino al saggio fondante Totò e Pulcinella in cui Fofi fa piazza pulita dei tanti equivoci sul personaggio e ne ribadisce le qualità e i meriti. A questo testo illuminante se ne aggiunge adesso un altro, altrettanto risolutivo: è Totalmente Totò dove Alberto Anile riversa le ricerche di una vita ( aveva già scritto due libri sui suoi film pubblicati da Le Mani) per proporre non una semplice biografia ma un viaggio nel pianeta Totò che seguendo il percorso cronologico usa le opere per raccontare la vita e viceversa. Pubblicato dalla Cineteca di Bologna ( pp. 384, 18 euro) e arricchito da alcuni interventi critici poco conosciuti ( tra cui un’intervista di Maurizio Ponzi per i Cahiers du Cinéma che smentisce il luogo comune di un Totò sconosciuto all’estero), il volume è preziosissimo quando ripercorre la carriera dell’attore d’avanspettacolo, tra gli anni Venti e Trenta, esperienza decisiva nella formazione della maschera di Totò insieme all’influenza del futurismo, delle farse pulcinellesche e delle commedie scarpettiane. Ma è non meno utile quando ripercorre titolo dopo titolo la lunga carriera cinematografica, dal primissimo provino per la Pittaluga ( era il 1930, ma il progetto di film non andò in porto) fino al superlavoro negli anni Cinquanta, quando il suo nome divenne una manna per il botteghino e i produttori facevano a gara ad accaparrarselo. E poi gli incontri con Orson Welles, Soldati, De Sica, Monicelli, Steno, Lattuada, Pasolini, fino all’unico giorno di lavoro sul set del Padre di famiglia di Nanni Loy, prima che una « spaventosa serie di infarti » lo rubasse al suo pubblico.