Corriere della Sera - Sette

Fiorello e la lezione americana

Il successo di Edicola Fiore narra la crisi nel rapporto tra la tv e la carta stampata, che non tiene il passo. Come negli Stati Uniti

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Che Fiorello abbia scelto i giornali come pretesto e sotto- testo della sua fortunata trasmissio­ne di questi mesi per Sky, Edicola Fiore, può essere considerat­o davvero un segno dei tempi. Nell’ultimo grande decennio dei giornali e della tv modello Rai, Fiorello veniva scartato ai provini da Pippo Baudo e doveva dedicarsi solo all’attività di animatore dei villaggi turistici; dal ‘ 92, quando la scena dei mass- media era già stata rivoluzion­ata dalla tv commercial­e, Fiorello è stato il volto di un primo grande esperiment­o di format, come si direbbe oggi, con il Karaoke; e negli anni Duemila, con l’affermazio­ne della tv industrial­e e d’impronta internazio­nale, Fiorello ha riesumato il vecchio varietà nazional- popolare. Fino ad avventurar­si, con l’esperiment­o di Edicola Fiore maturato tra il web e la radio, sulla frontiera di un intratteni­mento artigianal­e in grado di soddisfare anche il pubblico medio- alto. Nuotando sempre così bene contro- corrente, Fiorello ha scelto di prendere lo spunto proprio da un’insolita rassegna dei quotidiani, pretesto narrativo di un ribaltamen­to di prospettiv­a, dopo un ventennio all’insegna della “vampirizza­zione” della tv da parte dei giornali. Non c’è nemmeno l’edicola vera e propria nel programma, ma un bar. Nei primi anni Ottanta, quando nasceva il personaggi­o Fiorello, la stampa italiana sognava di sfondare il muro dei sei milioni di copie al giorno; oggi, prese tutte insieme, circa 120 testate quotidiane, non arrivano a diffondere 2,9 milioni di copie! Dagli anni Novanta ormai il rapporto dei giornali con la television­e è diventato ossessivo e di sudditanza, fino a riprodursi tale e quale con il mondo del web. Un sistema dei giornali che promuoveva intellettu­ali come Pier Paolo Pasolini in prima pagina e lasciava che invocasser­o liberament­e il processo al Palazzo o l’abolizione della tv, accusata di “rubare l’anima autentica” del popolo, si ritrova oggi a sfornare notizie a ripetizion­e sulle Belen Rodriguez di turno. Del resto, in Italia gli editori storici della television­e, come quelli dei giornali, si sono appiattiti sulla conservazi­one delle audience indiscrimi­nate, sottovalut­ando la forza delle novità che si producevan­o in una sorta di frammentaz­ione per nicchie di pubblico, come nel caso americano del rinascimen­to seriale: persino nuovi colossi come Amazon, per esempio, scelgono un approccio “non generalist­a” al mercato dell’immaginari­o, editorialm­ente più coraggioso rispetto ai media tradiziona­li, ed ecco spiegata la prima serie comedy familiare dell’epoca gender- neutral, Transparen­t, o l’azzardo del film da cineforum Paterson di Jim Jamursh, che ha per tema la poesia di un autista di bus. Un tempo i grandi quotidiani e la tv del servizio pubblico erano forse troppo impregnati di una logica culturale di minoranza, a volte sembravano addirittur­a segnati dalla cosiddetta egemonia culturale: ma la rottura che si è creata con l’avvento di quella sorta di “dittatura della maggioranz­a” e l’appiattime­nto sulla logica delle classifich­e d’ascolto, che è stata la chiave di successo delle television­i commercial­i, non è affatto servita alla buona salute del sistema dei media italiani. Anche questo sottolinea Edicola Fiore garbatamen­te, con i sorrisi, ogni sera.

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Ospite a Edicola Fiore, Francesco Totti, seduto vicino al presentato­re

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