Fanciulle in fiore all’ombra dei ciliegi
Il di Grand Dolce&Gabbana Tour delle Alte giunge Artigianalitá a Tokyo durante l’esplosione del Cherry Blossom e dialoga con l’impero del Sol Levante seducendolo
La grande signora dell’Oriente, Tokyo, appare agli occhi di chi la osserva come un gigantesco puzzle. Perennemente incompleto. Perché manca sempre da aggiungere un nuovo tassello. Tant’è da farla apparire come Roma, città eterna: ma il suo essere senza tempo sta nel rappresentare la metropoli dall’eterno futuro. Non c’è da stupirsi, nel Dna dei sudditi dell’Impero del Sol Levante palpita il “prezioso” fattore “ii Toko Dori”. Sta a significare: prendi solo il buono delle cose. Tradotto nella pratica: la capacità da parte del popolo giapponese, di saper selezionare e scegliere il meglio di ogni
cultura, dandogli poi un’essenza puramente nipponica e facendo diventare il risultato compatibile con le proprie tradizioni. Un’operazione complessa per chi in Giappone c’è nato e ci vive. Ancor più per chi come i Dolce& Gabbana hanno scelto di scrivere a Tokyo, un nuovo capitolo nella propria storia creativa, proseguire nel Grand Tour internazionale legato alle passerelle- evento delle collezioni di Alta Moda e Alta Saroria, il progetto delle Alte Artigianalitá. « Conosciamo da decenni questo Paese e questa città. La frequentavamo sin dagli inizi di carriera. Aver sfilato con le Alte Artigianalità ha rappresentato l’occasione di poter entrare profondamente in contatto con questa cultura millenaria » , dichiara Domenico Dolce.
Il museo delle meraviglie. Di cultura e di secoli e secoli di tradizione artistica sopraffina, non si può far altro che parlare pensando al posto dove ha avuto luogo il “Tribute to Japanese Culture” ( come recitava l’invito indirizzato ai 300 ospiti nippo- asiatico- orientali intervenuti), le sale del Tokyo National Museum nel parco di Ueno: per la prima volta si schiudeva a un evento come questo, un centinaio di capi unici ed esclusivi in perfetta sintonia per l’unicità e preziosità con le collezioni custodite nella sede museale, dove ha preso corpo la passerella, tra rose e come cardine un ciliegio in fiore. Dettaglio di stile prezioso. Nel dar vita alla doppia collezione, Domenico e Stefano, sono riusciti a non cadere nel tranello della “citazione”, evitando così la seduzione in cui erano comprensibilmente andati soggetto a metà 800 gli artisti del Vecchio Continente, fagocitati creativamente dalle meraviglie del mondo fluttuante. Per capirci quello riprodotto sugli ukiyo- e, le stampe con paesaggi e frammenti di quotidianità di Hiroshige, Utamaro e, su tutti, Hokusai, l’autore dell oggi fin troppo “mediatica” Grande Onda. I Dolce e Gabbana ci sono riusciti perché hanno anch’essi adottato il fattore ii Toko Dori: hanno preso i codici della cultura
giapponese e l’hanno intrisa di italianità. « Sono le nostre Alte Artigianalitá made in Italy portate qui in Giappone, attraverso loro abbiamo ripreso, riletto, rielaborato, questo mondo » , aggiunge Stefano Gabbana. Così il rischio del cosiddetto japonisme, nel XIX secolo capace di far capitolare da Toulouse Lautrec a Proust, giusto per spendere cognomi di un certo lustro, non c’è stato. Nei giorni dell’evento, Tokyo esplodeva della fioritura degli alberi di ciliegio, pennellate rosa stemperavano le architetture slanciate dei grattacieli di Ginza, il quartiere deputato allo shopping, arteria della metropoli che quotidianamente deve gestire decine di milioni di persone tra quelle che vi abitano e vi transitano. Così di un tripudio di fiori si sono ricoperte anche le creazioni di Alta Moda, negli stemperati colori pastello delle porcellane. Fiori intagliati, fiori ricamati, fiori incrostati. Ecco abiti in tulle diafano ricoperti da una cascata di migliaia di fiori di ciliegio, tutti fiori in tessuto realizzati, come quelli dell’intera collezione, dal laboratorio Pagliani di Verona, tra le eccellenze artigianali nostrane. I kimono sono solo appena evocati da cappotti dal taglio trapezio o dalle maniche degli abiti, evocazioni, mai citazioni. Così per i tradizionali Obi, trasformati in sorte di macro cinture o in micro bustier in metallo dorato, legati in vita da lacci in seta. « Tutto fatto nel profondo rispetto dell’heritage giapponese. Abbiamo riletto i codici del Giappone attraverso le nostre eccellenze. Abbiamo voluto fare solo un casting di modelle e modelli giapponesi. Da questo anche la scelta di far sfilare sulla stessa passerella, ma in due momenti distinti e successivi, l’alta sartoria e l’alta moda » rivela alla fine dell’evento Dolce. Il punto di contatto tra le due collezioni ( l’alta sartoria aveva come elemento nodale i tradizionali completi tre pezzi della Maison, dipinti o incrostati; o i tuxedo impreziositi da ricami; ma anche una serie di capi dedicati al mondo dello sport, golf e tennis, discipline d’élite amate dalle nuove generazioni; senza poi dimenticare gli accessori in coccodrillo. E il debutto in passerella dei nuovi modelli di alta orologeria ( presentati a Basilea), un
modello e una modella in abito buanco a metà della sfilata e alla fine una coppia di sposi, lui in abito da cerimonia bianco, come quello di lei, con sontuoso strascico, ideale matrimonio tra i due universi.
Dettagli scaligeri. Siamo in Giappone, nel momento del Cherry Blossom, non può che balzar alla memoria quella « fronda di ciliegio che inonda di fior » , la vicenda della pucciniana Madama Butterfly. Con cui si è aperta nel dicembre scorso la stagione ora in corso del Teatro alla Scala. Titolo presentato in scena al Piermarini in un allestimento ( un tripudio di alberi di ciliegio e di fiori belli e fragili come Butterly) creato in quegli stessi Laboratori Atelier Ansaldo di Milano, dove a gennaio ha avuto luogo invece il tradizionale appuntamento invernale delle Alte Artiginalità. Non poteva quindi mancare anche un tocco di italianità musicale, non solo quello della colonna sonora della sfilata con la squillante voce di Pavarotti, ma anche dal tempio del melodramma, la Scala: come cornice del dinner gala organizzato nei giardini del Museo, frammenti di allestimenti scaligeri, lampadari fioriti di rose, macro locandine, Butterfly compresa, come melo- red carpet, il tutto giunto espressamente da quegli stessi laboratori atelier milanesi del Piermarini. Il Grand Tour delle creazioni esclusive dolcegabbaniane ha scritto una nuova pagina. Proseguendo in un’operazione di diplomazia culturale. È trascorso un lustro da quando a Taormina ha avuto luogo la prima sfilata di Alta Moda di Domenico e Stefano. In questi ultimi sei mesi ci sono poi stati i nuovi capitoli internazionali ad Hong Kong, ora a Tokyo. E sempre in questi stessi giorni sarà la volta di Pechino. « L’Asia è un mondo coinvolgente. Una continua esplorazione per noi. Ognuno di questi progetti lo affrontiamo con lo stesso entusiasmo di quando abbiamo debuttato a Milano. Del resto il Giappone è sempre stato aperto al nuovo » , aggiunge Dolce. Non a caso durante l’evento seguito negli stessi giorni nella boutique della griffe, gli argomenti sovrani erano i temi della famiglia e dei Millennials, anima delle collezioni di prêt- à- porter. Esclusività e contemporaneità. Così nella terra dove i giardini non sono spontanei, ma vere opere d’arte botanica, dove, a Hokkaido, volano alte nella loro riserva, le bianche Gru dalle zampe nere e dalla macchia carminio sulla testa ( dipinte anche sui completi di alta sartoria), un nuovo modo di affrontare il mondo dell’alta moda nel senso più ampio dell’espressione sta vivendo nuovi ed esclusivi albori. Dimostrando, ancora una volta, quella attitudine precipua al talento e alla creatività che è del nostro Paese.