C’erano una volta in America
Negli ultimi cento anni il numero dei nativi americani è triplicato. Quanto assomigliano ai loro antenati? (e ci sono ancora)
SONO L’UNO PER CENTO DEGLI AMERICANI. Non parlo però dei pluri-miliardari alla Bill Gates, ma degli unici non immigrati negli Stati Uniti: i Nativi. La buona notizia è che, quasi sterminati dai coloni europei, negli ultimi cento anni il loro numero è triplicato. Tra il 1910 e il 1920 rappresentavano infatti solo lo 0,2-0,3 per cento di tutta la popolazione Usa. E le nuove generazioni ci tengono eccome a mantenere vive le tradizioni e la cultura dei loro antenati, come documentano le foto scattate dall’italiana Carlotta Cardana che vedete in queste pagine,affiancate a quelle di un secolo fa, fatte rivivere oggi a colori dall’artista grafico francese Frédéric Duriez. È fiero delle sue origini, e lo mostra decorando la sua tavola con l’immagine di un suo avo, anche Elijah Batiste, il quindicenne della tribù Lakota che sogna di diventare un professionista dello skateboard, cioè un futuro apparentemente lontano dalla sua riserva di Pine Ridge, in South Dakota (il secondo stato Usa più popolato da Nativi, 9 per cento degli abitanti). A Pine Ridge ci sono stata. Ricordo un panorama spettrale e affascinante, quello delle cattedrali di rocce rosa nelle Badlands, letteralmente “le terre cattive”, dove il governo Usa alla fine dell’Ottocento confinò i Sioux (il popolo a cui appartengono i Lakota) dopo avergli sequestrato “le terre buone” (Black Hills) per cercarci l’oro. E nel centro culturale della riserva ho sentito la storia tragica del massacro di Wounded Knee, avvenuto qui nel 1890, quando centinaia di Lakota, donne e bambini
compresi, furono uccisi dalla cavalleria Usa. Circa 40 mila discendenti di quella tribù ci vivono ancora, molti disoccupati e afflitti dall’alcolismo. Ma Elijah è uno dei ragazzi non rassegnati a questo destino: praticare lo skateboarding – in uno dei parchi da poco costruiti da un’organizzazione non profit della stessa comunità – è il loro modo di credere in un futuro diverso. Alex Pinkham, un Navajo di 27 anni che vive a Tempe, Arizona, da grande vuol fare invece l’ingegnere meccanico, ma intanto è diventato una celebrity su Facebook come Two Braids,“Due Trecce”. È la stessa capigliatura tradizionale dei Nativi che sfog-
Ho i piedi coperti di polvere straniera, ma sopra di me non è straniero il cielo, e riconosco la lingua del vento. Questa notte il fumo del bivacco parlerà di me alla mia gente Appartenenza ( Apache, Canti d’orgoglio)
gia il suo amico Fast Eddie nel suo costume da danzatore di pow wow e che avevano i loro antenati Porrum e Pedro. Two Braids sa scherzarci su: in un video mostra come le trecce siano un’arma preziosa per conquistare le ragazze. Sempre in Arizona, a Peach Springs, vive Sage Honga, 22 anni, della tribù Hualapai. Appassionata di moda e bellezza – ha partecipato al primo concorso Miss Native American Usa nel 2012 – è anche un’attivista: si è battuta con i Sioux contro l’oleodotto che attraversa un loro luogo sacro in North Dakota (invano: il neo-presidente Donald Trump ha dato l’ok e il petrolio comin-
Tieni stretto ciò che è buono, anche se è un pugno di ter ra. Tieni stretto ciò i n cui credi, anche se è un albero solitario. Tieni stretto ciò che devi fare, anche se è molto l ontano da qui. Tieni stretta l a vita, anche se è più facile l asciarsi andare. Tieni stretta l a mia mano, anche quando mi sono allontanato da te ( Poesia indiana)
cia a passarci da questo mese). Così si è fatta fotografare nel luogo sacro della sua tribù, il Grand Canyon, vestita di rosso come Rose cento anni fa. Il suo messaggio: «Voglio mostrare ai giovani della mia comunità che possiamo uscire dalle riserve e fare grandi cose». Lo stato con la più alta percentuale di Nativi, il 15 per cento, è l’Alaska, dove vive Tony Ward, membro della nazione Gwich’in. È il posto più diverso dal resto degli Usa e ci respiri davvero un’aria magica: ad Anchorage ho visto per strada un uomo avvolto in una pelliccia di lupo, con la coda penzoloni. Proprio da lupo si traveste Tony per i pow wow: racconta di essere stato ispirato
Che il sole ti porti nuova energia durante il giorno, chela luna dolcemente ti rigeneri di notte, chela pioggia ti lavi viale preoccupazioni, che il vento soffi nuova forza nel tuo essere, che tu possa camminare per il mondo e conoscere la sua bellezza tutti i giorni della tua Vita ( Benedizione dei nativi americani Apache)
a farlo perché gli è apparso in sogno quell’animale, un simbolo di potere e devozione alla famiglia per il suo popolo, che vive in simbiosi con i caribù. «ll caribù è mangiato dal lupo – recita un loro proverbio – ma è il lupo che mantiene forte il caribù». Sono tutte storie di ordinario eroismo, resistenza e speranza, comprese quelle di Jeremiah Taliman e Juliana Brown Eyes che girano il Paese per diffondere la cultura Native. Sarebbe stato bello raccontare anche quelle degli Indiani di cento anni fa. Ma la loro vita è stata dimenticata dalla storiografia ufficiale e di loro ci restano solo queste belle immagini colorate.