Chi ha paura di Mary Poppins?
Il traffico, i bottoni, le parole troppo lunghe. Ma anche l’ombelico e la barba. In molte persone, il solo vederli genera terrore. Per non parlare di quando a casa arriva la suocera...
HO IMPARATO A DISTINGUERE la fobia dalla paura durante un corso per fifoni organizzato da Alitalia. Avevo (ho?) problemi a volare. Durante le sedute di gruppo in stile alcolisti anonimi («Ciao, mi chiamo Maurizio e quando l’aereo decolla penso sempre che con la coda tocchi la pista». Coro: «Ciao, Maurizio…») ci hanno spiegato una cosa semplice semplice: se nella saletta dove ci troviamo, tutta moquette tavoli e sedie, entrasse improvvisamente un leone, saremmo ovviamente terrorizzati, e questa è la paura. Temere che qui dentro possa entrare improvvisamente un leone e impanicarsi, è invece fobia. La doverosa premessa mi è stata utile per raccogliere l’appello di un collega del
Corriere della Sera, Sergio Bocconi, che indubbiamente ha un problema: non riesce a guidare. Il traffico lo spaventa. Lo blocca. Tecnicamente si chiama Ama
xofobia: «Tu che con le macchine hai a che fare ogni giorno, sai se qualche casa automobilistica organizza corsi specifici per aiutare chi è nelle mie condizioni?», mi ha chiesto.Va bene Sergio, mi informo. Ma qui ci vuole anche uno strizzacervelli. I suggerimenti del direttore di Corriere
Salute, Luigi Ripamonti ci hanno portato a incontrare Viviana Venturi, psicologa e psicoterapeuta, disposta a tentare l’impresa di rimettere Sergio al volante. Ma quando ti capita di avere in ufficio una scienziata della mente umana? Erano le cinque del pomeriggio, le ho preparato un thè e dopo aver parlato un po’ di Amaxofobia, potevo forse non chiederle quali altri strani fobici ha incrociato nella sua carriera? Lei ha sorseggiato ancora un po’ di Earl Grey e s’è ricordata dell’“uomo cerniera”: un tipo ossessio- nato dall’idea di toccare i bottoni. Anche questa patologia ha un nome. Impronunciabile: Koumpounofobia. A questo punto ho bussato alla porta di 7 (non 17, si rilassino i numerofobici). Davanti alla storia dell’uomo cerniera, Beppe Severgnini non ha esitato: trova altre fobie, ci facciamo un pezzo. Cerca che ti ricerca, è saltato fuori di tutto. Per esempio la fobia dei buchi piccoli, medi o grandi ( Tripofobia). Un problema non da poco. Possiamo immaginare anche nell’intimità. Pensate se una koumpounofobica si innamorasse di un tripofobico… Sarebbe una follia più che una fobia.
C’È DELL’ALTRO? Come no. Prendiamo i cromatofobici, quelli per cui i colori sono una fonte di sofferenza. E non stiamo parlando di un genoano che guarda la maglia della Sampdoria (un
caso del tutto comprensibile e giustificabile) ma di quelle persone per cui la vita dovrebbe essere in bianco e nero come un film di Truffaut. Dicono sia una fobia scatenata dall’associazione inconscia di un colore o più colori con un trauma subito. Quali traumi possa aver subito chi soffre di Omfalofobia è invece un mistero. Tenetevi forte: è la fobia dell’ombelico. Il proprio, raramente quello degli altri. Una repulsione che avrebbe a che fare con l’utero materno. Restiamo sul fisico? Restiamoci. E quei fighetti degli hipster siano consapevoli del panico che possono scatenare. Perché tra noi ci sono anche loro: i pogonofobi. Hanno paura della barba. Dicono sia un problema generato da questioni igieniche. A noi piace pensare di essere stati tutti a rischio quel giorno in cui ci hanno detto che Babbo Natale non esiste: un trauma mai superato fino in fondo, confessiamolo.
C’È DI PEGGIO? C’è di peggio. Per
esempio l aH i pop otomonstro sesqui
pedali o fobia. Leggo dall’archivio del Corriere che «questo lunghissimo termine greco, composto da hipopoto”( grande), mostro (mostruoso),
sesquipedali (espressione latina per indicare“parola grande”) e phobos (paura), è stato scelto proprio per classificare la fobia nei confronti delle parole lunghe o poco frequenti che si teme di pronunciare scorrettamente, mettendosi così in ridicolo». E qui Mary Poppins ha le sue belle responsabilità, probabilmente, con quel traumatico“Super calif rag ilistich espiralido so” che perno i bambini era complicatissimo da pronunciare. E vederla volare con quell’ improbabile ombrellino deve aver generato un numero imprecisato di anablefobi. Sono persone che hanno paura di guardare in alto. Oltre al fantasma di Mary Poppins pare temano la vastità dell’universo. Quindi, signore mie, è giusto che lo sappiate: se sotto un cielo stellato vi capitasse un uomo che vi invita a osservare con amorevole attenzione i fili d’erba del prato sul quale passeggiate, o è un giardiniere o un anablefobico. L’eventuale relazione potrebbe complicarsi ulteriormente se di fronte, su quel prato, tra un trifoglio e la via lattea, ci fossero un caetofobico e una
peladofobica. Lei con capelli lunghi e vaporosi, lui completamente pelato. Roba da gettare entrambi nel panico. Perché i caetofobici hanno paura dei capelli (tentano nei casi più gravi di strapparsi anche i propri) e i peladofobici non possono nemmeno guardare Claudio Bisio in tv per quanto la calvizie li terrorizza. E veniamo infine alla paura decisamente più diffusa dopo, naturalmente, la
Pentherafobia, ovvero il terrore della suocera. È quella che prima o poi tutti abbiamo dovuto affrontare. Bene, avete presente quel collega che non fa mai un piffero in ufficio? Noooo, non è un pelandrone, un lavativo, una zecca, un imboscato, un lazzarone, uno scansafatiche, un cialtrone o un ruba stipendio. No, no, è un ergofobico. Proprio così. Lui non facendo un tubo“sperimenta una sproporzionata ansietà riguardo all’ambiente di lavoro”. Quindi abbiate pietà e, se proprio dovete mandarlo a quel paese, fatelo con le dovute cautele. Perché il poverino potrebbe essere affetto anche da Allodoxafobia: la paura delle opinioni altrui.