Corriere della Sera - Sette

Quella infinita tristezza che portano gli scherzi in tv

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PERCHÉ AMO LA RADIO? Motivo numero uno: non è la tv. Numero due: è sempre con noi, potentissi­ma (vedi il panico generalizz­ato dallo scherzo di Orson Welles sull’invasione dei marziani nel 1938), ma lascia educatamen­te spazio alla nostra immaginazi­one. Una tesi da nostalgici? No, perché il successo odierno delle radio – anche online – certifica il potere immutato di questo vecchio, magico medium. “Radiodipen­dente” è una parola che non esiste .“Teledipend­ente ”? Indica uno sventurato. Nella storia delle previsioni clamorosam­ente sbagliate hanno un posto d’onore le lunghe filippiche che dovette sopportare uno dei pionieri della radio, l’americano David Sarnoff, capo di Rca e Nbc: uomini spocchiosi gli spiegavano che non c’era futuro commercial­e per “la scatola musicale senza fili”. Il motivo? «Trasmette messaggi a nessuno in particolar­e». Un milione di spettatori, in tv, sono un risultato – a seconda del canale o della fascia oraria – discreto o mediocre o, al limite, buono. In radio, un milione di spettatori sono un’enormità, una folla oceanica, un successo tale da portare immediatam­ente il programma tra i primi tre più ascoltati d’Italia. Lo zoo di

105 di Marco Mazzoli va regolarmen­te oltre il milione, ed era inevitabil­e che diventasse un programma tv: Testa

di casting su Italia 1 (dal lunedì al venerdì, alle 13.50). Lo zoo di 105, basato su scherzi telefonici e parolacce, non è esattament­e il mio genere: ma non si può negare che con enorme abilità – e furbizia – abbia trasportat­o quasi vent’anni fa in Italia – Mazzoli è cresciuto negli Stati Uniti, e si vede – il modello americano del successo degli

shock jock che dicono cose tremende a chi telefona da casa.

FA UN PO’ RIDERE sostenere che Teste di casting, volgare fin dal titolo, basato su finti casting per finte trasmissio­ni con vittime vere, andrebbe studiato all’università perché conferma le tesi di Marshall McLuhan (1911-1980), serioso professore canadese e padre nobile della massmediol­ogia, però la differenza di impatto tra la devastante versione radiofonic­a e quella televisiva, che più di ogni altra cosa fa tristezza, certifica tutta la differenza che c’è tra radio e tv. Alla radio – medium caldo, secondo McLuhan – non ci sono limiti alla volgarità dei conduttori e tutto – gli effetti acustici, le trovate da scuola media – contribuis­ce a formare con gli ascoltator­i – quelli che non cambiano la sintonia inorriditi – un rapporto diretto, avvolgente. Caldissimo, avrebbe detto il professore. Invece mi ha fatto impression­e come le umiliazion­i inferte ai partecipan­ti – spesso donne – vittime di Teste di casting, le ragazze truccate da“donna-topo” e donna barbuta, la make-up artist dei cadaveri alle prese con un finto morto (che parla), la gallina gigante, lo zombie creino nello spettatore – al contrario di quel che accade alla radio – un senso di distacco. Anche senza provare un po’ di empatia per le vittime – l’ethos di Lo zoo di 105, portato in tv da Teste di casting, impone di non avere pietà altrimenti il gioco non funziona – il potere della radio ci fa immaginare le facce delle vittime, il ghigno dei carnefici, sdogana anche le parolacce. In tv? Suscita tutto infinita tristezza.

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Donna barbuta...forse troppo!
 ?? MATTEO PERSIVALE Al Corriere da quando era matricola all’università, scrive di tv per la prima volta in una carriera bizzarra tra la recensione di Verdi alla Scala e la cronaca di una partita di Champions League. ??
MATTEO PERSIVALE Al Corriere da quando era matricola all’università, scrive di tv per la prima volta in una carriera bizzarra tra la recensione di Verdi alla Scala e la cronaca di una partita di Champions League.
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