Una tappa rosa alla Vucciria tra bottarga e zibibbo
Il piatto
Le sarde al beccafico, tramandateci dai domestici delle cucine baronali siciliane. In origine erano i beccafichi, gli uccelletti. Una ricetta povera che ci fa sentire ricchi.
LO SBARCO IN SICILIA era stato un inferno. Cagliari-Palermo in motonave, nove ore di traversata e poi due abbondanti in ostaggio della disorganizzazione del porto. Più il colpo di grazia di un traffico che Los Angeles con le sue matasse di autostrade, in confronto, è una seduta di ashtanga yoga. Urgeva, per raddrizzare l’avvio di un Giro d’Italia numero 100 spettacolare ma logisticamente complesso, una serata che riappacificasse con l’esistenza e il fascino decadente della Vucciria, che nel 2017 conserva il brutale realismo con cui Guttuso l’aveva dipinta. Ed ecco, protetto da un dehor che funge da baluardo agli urti della vita palermitana, scavato nel tufo e affidato alla mano felice dello chef Gioacchino Gaglio (nel tondo), Gagini Social Restaurant (in questo edificio del XVI secolo lo scultore Antonio Gagini creava le sue opere), l’oasi in cui fare piani di battaglia per la micidiale tappa sull’Etna, in agguato il giorno dopo.
IN UN RISTORANTE SOCIAL, io che non facebookko né instagrammo né twitto (nessuno è perfetto), non ero mai stata. Ma la pietra viva e il menù riconciliano con l’esigenza illusoria di rimanere sempre connessi e il tavolo sociale, cioè da condividere, è una scelta non imposta come il gintonic di benvenuto che, a stomaco vuoto com’ero dalla sera prima (era annunciato mare grosso: meglio non rischiare), mi ha messo subito addosso una gran allegria. Da lì in poi, di Gagini mi è piaciuto tutto: gli amuse bouche di street food rivisitato, gli spaghetti con cime di rapa e bottarga, il tortino di cioccolato con gelato di cannella, lo zibibbo autoctono, minerale e sapido, della tenuta La Fauci di Mezzana (Messina), un nettare degli dei che i corridori del Giro d’Italia si sogneranno almeno fino all’arrivo di Milano, a fine mese, perché il ciclismo è lacrime e sangue. Ma i suiveurs, come diceva quel vecchio inviato, non sono fatti di legno.