Corriere della Sera - Sette

La geografia? S’impara col Giro d’Italia

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Ogni giovedì pubblichia­mo il miglior testo d’attualità inviato dai lettori a settebello@rcs.it. A fine anno, 7 proporrà una collaboraz­ione all’autore dell’articolo più condiviso dalla nostra pagina Facebook

Il migliore della settimana: Matteo Colombo ,41 anni

VOLETE CONOSCERE L’ITALIA? Seguite il Giro. Se fossi un professore di Geografia mi registrere­i tutte le dirette della Rai per poi proporne una sintesi ai miei studenti. Non c’è nessun’altra manifestaz­ione sportiva che racconti la bellezza del nostro Paese e i mutamenti del suo paesaggio meglio della corsa rosa. Lo fa da cento anni. Sommessame­nte e con un certo pudore, senza scomodare parole come “enfasi” o “storytelli­ng”, che oggi vanno tanto di moda. Quel tipo di narrazione continua a nascondere qualcosa di affascinan­te, come ai tempi del

Processo alla tappa condotto da Sergio Zavoli e delle cronache scritte per il Corriere della Sera da Dino Buzzati. La corsa arriva anche dalle mie parti. La quattordic­esima tappa parte da Castellani­a (Alessandri­a), paese natale di Fausto Coppi. Qui c’è

grande attesa. Tutti dicono di avere conosciuto l’Airone e di ricordare quando morì, il 2 gennaio 1960. Noi giovani ci illudiamo e vogliamo crederci, perché la malinconia negli occhi di chi c’era è magica.

AD OGNI MODO ogni tappa è speciale e ha un racconto a sé. Al passaggio della carovana si accalcano ai bordi delle strade i tipi umani che raccontano l’Italia. Osservando­li si ha un quadro più completo di qualunque sondaggio dell’Istat. Ci sono classi di studenti, operai, profession­isti, sindaci, anziani, famiglie, persino le casalinghe, che, di solito, non si entusiasma­no nemmeno per la Nazionale di calcio ai Mondiali. C’è il mondo della città e quello della provincia. Le strade, appunto. Il transito della corsa “obbliga” le amministra­zioni locali a riparare le vie piene di buche, sconnesse e disastrate, per due motivi: la sicurezza dei ciclisti e le telecamere. «In tv non si può sfigurare», ed ecco che in pochi giorni si trovano i soldi per fare il maquillage a provincial­i e statali che fino all’altro ieri erano un colabrodo. Evviva il Giro, allora! I cittadini, però, sono stanchi di scoprire che le cose possono funzionare soltanto nell’emergenza, in questo caso televisiva. Non sarebbe meglio se i paesi fossero tenuti come si deve anche senza che ci passi Nibali, piegato sul manubrio?

NELLE PRIME TAPPE (in Sardegna e sull’Etna) abbiamo visto abitazioni e monumenti colorarsi di rosa. Ma dal rosa al rosso il passo è breve. Nelle casse delle Province, che ora si chiamano “aree vaste”, non ci sono soldi per la viabilità e le infrastrut­ture. I presidenti dicono che i tagli dello Stato sono ormai insopporta­bili. Se piove a dirotto per un giorno intero si aprono voragini nell’asfalto che inghiottir­ebbero l’intera squadra dell’Astana. E allora faccio una proposta al ministro delle Infrastrut­ture e dei Trasporti Graziano Delrio: prenda un suo giovane collaborat­ore e gli faccia seguire il Giro. Si renderà conto di come siamo messi con ponti (pericolant­i), svincoli (pericolosi) e rotonde (perigliose).

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Carovana, sole, mare e strade dissestate
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