Una giornata Anni 60
Niente pantaloni («gli uomini li detestano») e un po’ di rossetto, («ma non più di quel che mette una duchessa»). Al cinema solo di giorno, al bar solo in silenzio, corteggiatori solo perbene. Cronaca di 24 ore vissute educatamente. Seguendo l’etichetta “
VOGLIO DIVENTARE una “donna di una volta”. Almeno per un giorno. Tutto nasce da un post su Facebook. «Tra casa mia e il supermercato», avevo scritto, «c’è una palestra. Ne escono ragazzi muscolosi. Mai uno che mi veda carica di borse e mi aiuti: sollevano quintali, ma la cortesia è atrofizzata». I commenti: donne solidali e uomini seccati. «Se volete i maschi di una volta», ha scritto uno, «tornate le femmine di una volta». Nella mia generazione, che ha il culto del vintage, la “donna di una volta” va forte. La scrittrice Valeria Parrella ha appena pubblicato un ironico Aggiornamen
to (Einaudi, 104 pagg, 14 euro) all’Enciclopedia della Donna, venti volumi datati 1963. Un editore negli Stati Uniti ha offerto 300mila dollari di anticipo a una teenager, Maya Van Wagenen, per trasformare un galateo del 1959 in una guida di resistenza ai bulli. E non a caso è una 29enne con un lavoro nella moda, Livia Satriano, a gestire l’e-commerce Libri-belli. it: vende titoli come La diplo
mazia femminile (1945) e Il “sotutto” della padrona di casa (1968). La mia ricerca comincia nel suo appartamento: come per un esame, studio tomi su tomi. Ripeto: diventerò una “donna di una volta”. Almeno per ventiquattro ore.
COLAZIONE
A un uovo sbattuto aggiungete un cucchiaio di zucchero, uno di panna fresca, uno di rum e uno
di buon cognac» . (“Enciclopedia della donna”,1963). Grazie, preferisco il bar. Mi vesto e scendo.
VESTIRSI
«I pantaloni: sulle donne, gli uomini li detestano. Ve ne furono che in guerra sopportarono fame, peste, carestia, bombe, ma dettero in escandescenze a causa dei calzoni indossati dalle donne. La signora se li fa perdonare, non li ostenta. Sono di cattivo gusto in città e imbarazzanti nei paesi. Alle porte di una chiesa il sagrestano avverte: entrano solo le donne decentemente vestite. La signora rimane umiliata sul gradino, respinta dal Cuore di Gesù e fischiata dalla ragazzaglia» . (Elena Canino, “La vera signora”, 1952). Obbedisco e mi infilo una gonna. Anche se non «sotto il ginocchio», come ammonisce, dopo i 30, il manuale Quel certo
non so che, datato 1960. Tre anni dopo arrivava la mini.
MAKE UP
«Autant de rouge qu’une
duchesse, si diceva quando il rossetto veniva accordato o vietato secondo l’importanza araldica di una signora: solo la regina poteva usarne a volontà. Anche oggi il rosso per le labbra è da usare con fermezza e moderazione» (Contessa Clara, “Galateo”, 1959).
Seguo il consiglio, ignoro quello di poco seguente a «indossare una doppia fila di ciglia finte» e corro fuori casa, in ritardo.
AL BAR
« Oggi nessuno si stupisce di vedere una donna entrare in un bar da sola. Purché lei mantenga un contegno corretto. Al banco, non rivolgerà la parola al barista se non per ordinare, non appoggerà le spalle al banco, consumerà la sua bibita con proprietà. Al momento di andarsene, paghi senza discutere, raccolga velocemente le sue cose e attraversi l’uscita con passo rapido» (“Enciclopedia della donna”). Seguo le istruzioni alla lettera al bar sotto casa. Il barista, al solito, mi chiede come va: lo fulmino con lo sguardo. Per chi mi ha presa, per una che chiacchiera al bancone?
IN AUTO
«La signora al volante non incontra l’approvazione degli uomini. Sedendosi dunque alla guida sa che l’opinione pubblica al suo riguardo non è equanime, e assume tale responsabilità solo nel caso ch’essa sappia guidare non solo al pari di un uomo, ma con più cautela, più calma e maggiore finezza psicologica» (“La vera signora”) Purtroppo cautela, calma e soprattutto finezza mi abbandonano appena mi immetto nel traffico, verso la redazione.
AL LAVORO
«Sconsigliata a scrivere lettere d’amore, la signora si rifarà scrivendo: libri, articoli di giornale. Ci pensi due volte. Una donna che si guadagni il titolo di autrice perde prestigio e pace. Gli uomini la detestano, e quelle del suo sesso la criticano. Se tuttavia questa prospettiva non l’atterrisce, rimanga donna, e maneggi oltre alla penna l’ago, la pentola e la scopa» . (“La vera signora”). Nei venti libri che ho consultato le “professioni femminili” ammesse sono: decoratrice, medichessa (che direbbe Laura Boldrini?), gentildonna, attrice, badessa, favorita, indossatrice, hostess, segretaria, vetrinista. Non vedo “giornalista”. Demotivata, arrivo in redazione. Porto caffé a tutti e faccio un sacco di fotocopie, per espiare.
«JOURS DE GRIPPE»
«La grippe è una cosa da sopportare con pazienza non priva di una segreta esultanza. Segna un periodo di riposo del mese in cui la signora può considerarsi come un fiore di serra. Indossi vestaglie ampie, calzi pantofoline; non si mostri a tavola, perché le conviene l’intimità della stanza». (“La vera signora”). Ma cos’è, qualcuno si chiederà, questa grippe? Indizio: alcuni spot tv presentano questa condizione come quella ideale per fare parapendio, ginnastica ritmica, moto enduro. E a parte la “segreta esultanza”, non pervenuta, e il fatto che devo andare a lavorare lo stesso, mi sembra più realistica la sua versione vintage.
A CENA DA AMICI
«Dimenticate le diete ogni volta che siete ospite di qualcuno. Mangiate, mangiate, mangiate. Riprendete il risotto; chiedete con falsa confusione una patata supplementare, anche se per smaltire quelle calorie dovrete digiunare tre giorni. Potete rifiutare l’invito, adducendo la salute vacillante o la partenza per il Congo. Ma se accettate dovete divorare, sorridere, lodare il vino, la temperatura, la compagnia. I nostri regimi devono renderci snelli, non detestabili ». (Contessa Clara, “Galateo”). Cosa aggiungere? Applausi.
Nella generazione dei trentenni, con il culto del vintage, la “donna di una volta” va forte: ispira romanzi, manuali e intere librerie online
UN INVITO AL CINEMA
«Grazie al cielo, oggi la donna sola può viaggiare, uscire di sera, andare al cinema – di giorno! – e molte altre libertà che tante donne sposate le invidiano. È sperabile che abbia abbastanza giudizio per discernere se sia il caso di prolungare la conversazione col suo vicino di tavolo in albergo, o con il turista che ammira accanto a lei la Sistina. Ci sono, tuttavia, alcune regole da cui non derogare. Non si recherà mai da sola nell’appartamento di uno scapolo; non lascerà mai entrare in casa il signore che l’ha accompagnata, che saluterà al portone; non ac- cetterà regali dai suoi corteggiatori; non incoraggerà confidenze né, assolutamente, ne farà ». (“Il Saper Vivere”, Donna Letizia, 1960). Vedo perfettamente il senso di queste osservazioni. Mi è meno chiaro come uscire dalla condizione di «donna sola» (locuzione che mi fa rivalutare persino l’orrenda parola “single”) senza violarne nessuna.
DOPO IL CINEMA
«Come resistere a un uomo. Evitate le sponde dei fiumi, i vestiboli, le strade di campagna. Evitate la luce delle stelle, il crepuscolo, la mezzanotte. Mangiucchiate di continuo. Fumate. Se possibile, bruciacchiatelo con la sigaretta “per caso” quando si avvicina, dovrebbe farlo desistere. Parlate di qualcosa che gli interessi. Se siete abbastanza furbe, lo porrete nell’impossibilità di nuocere» (“The Unfair Sex”, 1955). Nuocere? Si diceva così? P.S. La mia giornata finisce qui. Ma non l’esperimento. 1. Continua…