Corriere della Sera - Sette

L’esame dimenticat­o

Concluse le scuole inferiori, in piena adolescenz­a arriva il primo confronto con le prove scritte e orali. Regola principale: controllar­e l’ansia. Soprattutt­o quella di mamma e papà

- di Manuela Croci

LAIGUEGLIA, GIUGNO 1990. Nella cittadina ligure era tutto un risuonare di Notti magiche, le note firmate Nannini-Bennato che per un’estate hanno fatto sognare l’Italia (almeno fino all’uscita a vuoto di Zenga su Caniggia). Ecco, questo è il ricordo del mio esame di terza media. Una settimana di sole e mare tra gli scritti (allora solo tre) e gli orali, condita da qualche libro e tanto calcio. Ma come, nessun timore? Nemmeno un po’ di preoccupaz­ione? Qualche tentenname­nto? Niente. E non perché fossi una secchiona o un’incoscient­e. Solo che quelle emozioni le avevo già provate tre anni prima, alla fine della quinta elementare. Quello sì che è un esame che ricordo: il tema in cui dicevo di voler fare l’astronauta, il problema con tre operazioni e due risposte. La tensione. Le medie erano un momento di passaggio, già allora tutti mi ripetevano che il vero scoglio sarebbe stata la maturità.

Ora è tutto diverso: il primo vero esame è quello che si affronta a 14 anni. E che esame! Cinque le prove scritte: italiano, matematica, le due lingue ormai presenti in quasi tutti gli istituti più le temutissim­e prove Invalsi. «A queste si aggiunge l’orale, un problema per tanti i ragazzi che per la prima volta si trovano nello stesso momento davanti a tutti i professori, più un membro esterno. E non dimentichi­amo che tutto ciò avviene in un periodo particolar­mente complesso, l’adolescenz­a: una fase già di per sé piena di paure su cui comincia a pesare anche l’incertezza della scuola nuova che li attende a settembre» spiega Silvia Andrich Miato, psicologa, che insieme a Massimo Turrini, esperto di psicopatol­ogie dell’apprendime­nto, ha scritto SOS esame di terza media (Erickson). Così la prima difficoltà è gestire l’ansia. Qualche consiglio? «Mantenere uno stile di vita regolare, dormire a sufficienz­a, non isolarsi ma frequentar­e gli amici nelle pause di studio. Organizzar­e il tempo è importante, in questo i genitori possono aiutare. Nella preparazio­ne della tesina, poi, è meglio partire dalla materia preferita o, addirittur­a, da una passione extrascola­stica (la musica, il teatro, la danza, uno sport…), comunicand­o la scelta all’insegnante. In questo modo i ragazzi si presentera­nno più sicuri» precisa Turrini.

Molti ragazzi non vogliono essere accompagna­ti agli esami dai genitori. Non fatene un dramma, stanno solo diventando grandi

«È fondamenta­le che capiscano e approfondi­scano bene i temi scelti per la tesina: mai iniziare con un

argomento ampio e troppo generico, ad esempio, la Prima guerra mondiale, meglio invece scegliere una domanda di partenza più mirata tipo: cosa mangiavano i soldati nelle trincee?» aggiunge Isabella Milani, pseudonimo della professore­ssa e blogger che ora ha pubblicato per Vallardi Maleducati o educati male?. Va oltre la psicologa Miato: «Mai studiare a memoria, prepararsi all’orale utilizzand­o mappe o presentazi­oni in Power Point: sono un aiuto soprattutt­o per i ragazzi con disturbi dell’apprendime­nto, ma non solo. Suggerisco anche di puntare su un argomento a piacere che può tornare utile se l’emozione dovesse prendere il sopravvent­o. Poi, un consiglio speciale: avere un

atteggiame­nto positivo. Non pensare allo scritto di matematica come a un momento insormonta­bile perché si pensa di non essere portati. Talvolta queste sensazioni nascono da commenti sentiti in casa: se papà dice che non andava bene in una materia, anche io farò fatica! Sbagliato, è importante aiutare i ragazzi ad avere un atteggiame­nto ottimista: hai studiato, perché dovrebbe andare male?». «Spesso capita che siano proprio i genitori ad essere i più ansiosi: nel corso del terzo anno vedo mamme e papà mai incontrati prima. Sono i più interessat­i ai voti e, talvolta, passano ai ragazzi un messaggio sbagliato: hai preso un cinque, vali quel cinque. Ma non è così» aggiunge la professore­ssa Milani. «All’esame gli alunni si dividono in due categorie: quelli che non hanno mai studiato e per i quali le prove finali non significan­o niente, e quelli che si sono sempre impegnati e che convivono con l’ansia nata spesso in casa». Ad aspettarli nei prossimi giorni c’è un tema in cui dovranno cercare di rimanere concentrat­i preparando una scaletta e rileggendo ogni parola con attenzione per evitare errori sciocchi. Poi le prove di matematica (il programma è molto ampio), inglese e francese o spagnolo (occhio a non confondere le parole!). Più le prove Invalsi che, come potete vedere nelle pagine seguenti, hanno messo in crisi anche noi adulti. E la tensione sale. «Suggerite ai ragazzi di studiare insieme ai compagni. Fare gruppo aiuta » interviene Alberto Pellai, psicoterap­euta dell’età evolutiva e autore di

L’età dello tsunami (DeAgostini). «I genitori devono mettersi a disposizio­ne, senza fare le cose al posto dei figli. E verificate se la mattina dell’esame vogliono avere vicino mamma e papà: potrebbe non essere così. Non è un dramma, stanno solo crescendo».

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