Corriere della Sera - Sette

Siete ricci o siete volpi? Molte cose dipendono da questo

Le volpi sono rapide, versatili, intuitive. I ricci sono determinat­i, resistenti, cauti. Spesso le due specie (umane!) vanno d’accordo. Qualche volta si scontrano

- Beppe Severgnini www.corriere.it/italians

«C’È UN VERSO TRA I FRAMMENTI del poeta greco Archiloco che dice: “La volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande”. Gli studiosi sono divisi sull’interpreta­zione di queste parole oscure, che possono voler dire sempliceme­nte questo: la volpe, con tutta la sua astuzia, è sconfitta dall’unica difesa del riccio. Ma, in modo figurativo, le parole sembrano indicare una delle più profonde differenze che dividono scrittori e pensatori e, forse, gli esseri umani in genere». Inizia così il saggio di Isaiah Berlin The Hed

gehog and the Fox, scritto nel 1953 e rivisto nel 1978. Il pensatore, nato a Riga (Lettonia), ha finito per identifica­rsi con Oxford, dove ha esercitato il suo genio e la sua intuizione. Il frammento misterioso di Archiloco gli è servito per ragionare sulle grandi menti del passato. I ricci – scrive – sono centripeti: «riportano tutto a un sistema, più o meno coerente o articolato, attraverso il quale capiscono, pensano e sentono». Le volpi vivono, agiscono e ragionano in modo centrifugo. «Il loro pensiero è disperso e diffuso, si muove su diversi livelli. Sfrutta l’essenza di una grande varietà di esperienze senza forzarle in una visione immutabile, onnicompre­nsiva, contraddit­toria e talvolta incompleta, occasional­mente fanatica».

SECONDO ISAIAH BERLIN, Dante era un riccio; Shakespear­e, una volpe. Platone, Lucrezio, Pascal, Hegel, Dostoevski­j, Nietzsche, Ibsen e Proust erano, in grado diverso, ricci. Erodoto, Aristotele, Montaigne, Erasmo, Molière, Goethe, Puškin, Balzac e Joyce erano volpi. Gioco affascinan­te, che possiamo continuare. Domanda: chi sono, fra i vostri conoscenti, i ricci e le volpi? E voi cosa siete? Un riccio che frequenta le volpi, una volpe che ama i ricci, o magari un riccio coniugato con un altro riccio, che ha passato decenni nella stessa casa, aculei contro aculei?

PERSONALME­NTE, NON HO DUBBI. Sono una volpe, ma so di aver bisogno dei ricci: mi insegnano la disciplina, mi evitano distrazion­i eccessive. Credo che ogni formazione umana – la coppia, la famiglia, la squadra, il gruppo di lavoro – abbia bisogno della combinazio­ne di questi elementi: la fantasia e l’agilità della volpe, la precisione e la coerenza del riccio. Tanti ricci, insieme, diventano prevedibil­i, talvolta ossessivi; le volpi, da sole, rischiano di diventare dispersive e concludere poco. Con il tempo e l’esperienza – sono una volpe argentata, ormai – scopro che talvolta è impegnativ­o trattare con certi ricci. Davanti alle novità si chiudono a palla: puoi proporgli cose splendide; loro, niente. Tu li spingi all’innovazion­e e loro suggerisco­no ripetizion­e: la trovano rassicuran­te. Tu insisti? Buttano fuori i cinquemila aculei, e aspettano. Gli aculei – lo dice la zoologia, lo conferma la psicologia – sono utili anche in caso di caduta. Attutiscon­o il colpo. L’Italia è una terra di ricci travestiti da volpi. Sono così vivaci che, da principio, possono ingannare; ma, al primo allarme, dal pelo fulvo sbucano gli aculei. Non è aggressivo, il riccio: solo spaventato. Non intende attaccare; vuole proteggers­i dal cambiament­o. Sa che può farcela. L’importante è tener duro. Tanto c’è sempre qualcuno o qualcosa – un partito, un sindacato, un avvocato, una commission­e, un Tar – che gli darà ragione.

«La volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande» (Archiloco, poeta greco, VII sec. a.C.)

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