Ah, quel Roger Moore televisivo con l’armatura sferragliante
IL PRIMO BOND non si scorda mai. Per chi è stato bambino – o teenager – dal 1973 al 1985, James Bond è stato, è, sarà e resterà Roger Moore, scomparso martedì 23 maggio a 89 anni. Connery? Il Bond dei nostri genitori o di quelli decisi a dimostrarci che come sempre le cose più belle erano successe a loro, il vero James Bond era il loro, e a noi, più piccoli, erano rimasti solo gli avanzi. Siamo stati vendicati, noi ex bambini dell’era bondiana 1973-1985, dal New York Times che l’ha appena eletto come il migliore 007 (l’aveva già fatto The Independent). Ma soprattutto noi della generazione Roger Moore ci siamo entusiasmati per il Moore televisivo, non meno grande di quello cinematografico. Da bambini guardavamo – in ordine di gradimento – Attenti a quei
due dove nei panni del playboyinvestigatore privato Brett Sinclair batteva nettamente il collega Tony Curtis-Danny Wilde. Il nobile inglese e l’americano nouveau riche (che tra l’altro indossava sempre i guanti, d’estate e in Costa Azzurra, perché? Sembrava assurdo anche a noi bambini) sgommavano allegramente per le strade di Montecarlo, non lavoravano mai (al contrario dei nostri padri ligi al codice stradale e lavoratori indefessi) e ci sembrava tutto molto esotico, molto bello e libero. Ora che siamo diventati grandi, noi ex piccoli fan di Attenti a
quei due abbiamo comprato il dvd o il blu-ray di tutti gli episodi (solo 24, ma tanto RaiUno di quelle lontane ere geologiche della tv li trasmetteva senza soluzione di continuità, prima in bianco e nero e poi a colori dal ’74 all’81, il bello del monopolio visto che la tv commerciale non c’era ancora). Al secondo posto, nella classifica del Roger Moore televisivo, c’era Simon Templar. Moore giovane e in bianco e nero, con un effetto speciale (l’aureola che gli spuntava in testa, il titolo originale era Il santo) che rivisto oggi fa ridere, e storie di spionaggio che anticipavano proprio il suo James Bond. Tutti gli episodi furono girati dal ’62 al ’69 in Inghilterra e trasmessi in osceno ritardo dalla Rai negli Anni 70 – altro effetto del monopolio: arrivava tutto tardissimo, altro che serie tv scaricate in tempo reale nel 2017 tramite fibra ottica – ma non importava, Il santo sembrava fighissimo anche se meno allegro e viveur di Attenti a quei due. Al terzo posto quell’ Ivanhoe per soli amatori, che distingueva i veri piccoli fan di Roger Moore da quelli meno motivati: serie cavalleresca Anni 50 con un Moore agli esordi e rispolverata dalla Rai per “La Tv dei ragazzi” (pallosissima: inutile utilizzare la nostalgia per ridipingere a nuovo, a posteriori, le nostre infanzie noiose). Moore con armatura sferragliante che ripercorreva le imprese dell’eroe di Walter Scott: inguardabile oggi, così così allora, ma era meglio un Moore di serie B che niente Moore.
CERTO LA VETTA FU RAGGIUNTA,
per me, nel 1979, di sabato pomeriggio, non davanti alla tv ma in platea al cinema Odeon di Milano (non ancora multisala), in comitiva con gli amici più cari accompagnati da una mamma eroica (la mia non c’era): la “prima” di Moonraker, James Bond nello spazio, Moore da fantascienza, in attesa di rivederlo a casa, l’ennesimo episodio già visto di Attenti a quei due, l’ennesima replica da non perdere perché l’amore è amore, specialmente quando hai solo nove anni.