Corriere della Sera - Sette

NON VINCE NESSUNO

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Centrosini­stra 29,55%. Centrodest­ra 29,11%. 5 Stelle 25,55%. Il primo ad accorgerse­ne è Bruno Vespa, che ricorda a memoria i numeri dell’altra volta. All’inizio la schermata video di Porta a Porta sembra un errore tecnico, ma 18 minuti dopo il Viminale conferma: dal 2013 al 2018, non è cambiato proprio nulla. Nemmeno un voto. E come l’altra volta, sono in tanti a tirare un sospiro di sollievo. In fondo, non ha perso nessuno. Tranne uno. Adesso è Renzi a non farsi vedere per una notte e un giorno che sembrano interminab­ili, come Bersani 5 anni fa. Poi uno scatto di coraggio, dopo che i fidatissim­i Lotti & Boschi hanno fatto il possibile per fargli vedere il bicchiere mezzo pieno. «Ho perso io, non ho rimorsi, e vado a casa». Anche questa l’avevamo già sentita (ma proprio da Renzi). Si va dritti al Gentiloni bis, Lotti & Boschi hanno un posto anche stavolta. Ma il più raggiante al giuramento è Angelino Alfano: alla fine ha vinto soltanto lui. I 5 Stelle si chiamano fuori da qualsiasi accordicch­io, però escogitano subito qualcosa di utile per il Paese: le nuove Quirinarie online. Beppe Grillo, con l’ennesimo gesto di generosità, annuncia sul blog che non sarà candidato. Vince a sorpresa Antonio Di Pietro, che convoca una conferenza stampa a Montenero di Bisaccia: «Non sono un politico e non penso di entrare in politica. Ma potete voi escludere di vestirvi da donna? Tutto è possibile!». Vito Crimi, in un colloquio con un giornalist­a nel quale preferisce comparire come fonte anonima, manda un messaggio al Pd: se oggi votate Di Pietro, chissà, domani potremmo collaborar­e… Pippo Civati twitta entusiasta: «Voterò Di Pietro, spero che lo faccia anche il Pd». Qualcuno gli fa notare che il prossimo capo dello Stato verrà scelto nel 2022, e che comunque Civati non è stato neanche rieletto in Parlamento. La mattina in Transatlan­tico è tutto un viavai, sembra lo Starhotel Business Palace, quello dove si consumano gli ultimi giorni del calciomerc­ato. Tra un cambio di casacca e l’altro, al lancio di un nuovo gruppo parlamenta­re dall’acronimo impronunci­abile, un peòn dem si sfoga al telefono con la moglie: «E pensare che un primo ministro preparato e autorevole ce l’avevamo…». Intanto, Enrico Letta sta tenendo lezione in un’aula universita­ria di Parigi. Dei 48 politici nominati in questo articolo, è l’unico che a Palazzo Chigi non ci pensa nemmeno.

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