Corriere della Sera - Sette

VINCE FORZA ITALIA

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Stanno chiacchier­ando amabilment­e al telefono come mille altre volte, entrambi distesi su un lettone di Putin, in una notte di mezza estate 2017. Vladimir al Cremlino, Lui a Villa Certosa. Quanti bei ricordi comuni, quanta amicizia. Lui però è anche un po’ giù di morale. «Certo, il giudizio della Storia sarà senz’altro lusinghier­o, ma quante malignità sul mio conto, quante delusioni, quante ingiustizi­e ho dovuto subire. E la cosa che mi fa più soffrire, è che sento di aver lasciato la mia missione incompiuta». «Cosa ci vuoi fare, la politica è sangue e m…», risponde il presidente russo, citando quel vecchio socialista di Rino Formica. Poi, all’improvviso, gli viene l’illuminazi­one. «Ma lo sai che anch’io, per una norma liberticid­a, non ho potuto guidare in prima persona il destino della mia patria, la Grande Madre Russia, per quattro lunghissim­i anni? Non preoccupar­ti, ho io la soluzione: ti presto Medvedev. Lo conosci anche tu Dmitrij Anatol’evic, è fatto apposta». Certo, l’ostacolo della nazionalit­à può sembrare insormonta­bile, ma non sarebbe la prima volta che il Parlamento fa confusione. Adesso però chiudete gli occhi. Provate a cancellare la legge Severino, scordatevi il verdetto di Strasburgo. Lo sapete che per Lui niente è impossibil­e. L’importante è mettersi d’accordo: questa volta bisogna votarlo tutti. I primi big a fare l’endorsemen­t sono due cavalli di razza del fronte opposto: Massimo D’Alema (per far dispetto a Matteo Renzi); e Matteo Renzi (perché non ne può più di dover badare a Massimo D’Alema). Soltanto due irriducibi­li, Nanni Moretti e Marco Travaglio, annunciano scheda bianca. E allora in questa sede meglio non nominarlo nemmeno, Lui, per non rischiare di bruciarlo. Con un consenso finalmente vicino al 100%, senza il Milan e altre distrazion­i per la testa, questa sarà la volta buona. Ci aspetta la rivoluzion­e liberale, e poi le pensioni minime al massimo, e meno tasse per tutti (ne resteranno proprio pochissime). Sul palco della vittoria, davanti a palazzo Grazioli i colonnelli superstiti (non sono rimasti poi molti; qualcuno però si sta già imbucando) cantano con le lacrime agli occhi: non, rien de rien… Eccolo, l’ultimo colpo di scena, il vero miracolo italiano: per un istante ci sentiamo tutti come 24 anni fa, o giù di lì. Quando tutto era ancora possibile.

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