Corriere della Sera - Sette

I l migliore della settimana: Fabio Franchini, 26 anni

- Contributo giudiziosa­mente scelto da Micol Sarfatti

CI FU IL TEMPO DELLE CONVERGENZ­E PARALLELE

e c’è, oggi, quello dei social network. Soprattutt­o quello dei tweet, cinguettii virtuali, sintetici, a volte veloci e appuntiti come frecce. La politica italiana cambia e con lei i suoi linguaggi. La geometria non ammette giri di parole, ma formule precise. Eppure la forza della politica del secondo dopoguerra riusciva a piegare anche le più rigide regole euclidee. Aldo Moro poteva cavalcare l’ossimoro delle “parallele che convergono” per auspicare un avviciname­nto su alcune questioni tra la sua Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano, pur mantenendo­si a debita distanza ideologica. Un bel paradosso. Ma è lì che è nato il compromess­o storico.

LA POLITICA È DA SEMPRE L’ARTE

della mediazione, che affonda le sue radici nell’ars oratoria. A volte è addirittur­a l’arte del non dire proprio niente, ma di dirlo così bene da far pensare a chi ascolta di aver capito male. «Come se fosse Antani», si direbbe parafrasan­do la celeberrim­a supercazzo­la del film Amici

miei di Mario Monicelli. Beh, certo: era un’altra Italia, erano altri tempi ed erano altri politici. Era tutto “altro”. A partire da un altro e alto tasso di analfabeti­smo struttural­e, anche se l’Italia del terzo millennio conta un bel 47% di cittadini analfabeti funzionali. Questo significa che quasi una persona su due sa leggere, scrivere e fare i calcoli, ma non è in grado di padroneggi­are correttame­nte queste abilità nelle varie occasioni della vita quotidiana. Insomma, tanti discorsi non venivano colti nell’Italia di 50 anni fa così come in quella di oggi, in cui i cittadini si trovano a fare i conti anche con i tweet e i post sgangherat­i e amputati grammatica­lmente da politici e personaggi importanti per non sforare il limite dei 140 caratteri. Si continua a non capire. La differenza però è che si può dire la propria su internet, anche se la comprensio­ne non è ottimale, o se si è completame­nte frainteso il messaggio iniziale. Sono i social network, bellezza. E a tanti piacciono soprattutt­o per questo.

PER AVERE POI UN ESEMPIO CONCRETO

del nuovo linguaggio del web, e non solo, possiamo tornare a qualche mese fa, al 22 novembre 2016. Quando il post del giorno pubblicato dal leader del Movimento Cinque Stelle Beppe Grillo sul suo blog si apriva con un pacato: «Renzi ha una paura fottuta del voto del 4 dicembre. Si comporta come una scrofa ferita che attacca chiunque veda». Che bello il confronto e il lessico politico di oggi, vero? E allora, piuttosto, ridateci il politiches­e da Prima Repubblica. Anche quello più cifrato e fumoso. In fondo è sempre meglio essere supercazzo­lati che insultati.

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Supercazzo­lato o insultato?
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