Cos’è un Italiano?
Abbiamo inventato praticamente tutto, l’Impero, la Cristianità, l’Umanesimo, l’anatomia, la partita doppia, la pila elettrica, il telefono e il Moplen. Raramente ci abbiamo fatto i soldi
LA COSA NOTEVOLE DI NOI ITALIANI è che ci si nota. Ci facciamo notare. Non sempre per le migliori ragioni, ma sempre e ovunque degni di nota. All’estero, per esempio, siamo riconoscibilissimi. Di solito i più chiassosi, i meglio vestiti, i più belli (con l’eccezione dei persiani), quelli che fanno la calca invece che la fila, quelli che fanno fortuna partendo dal nulla, quelli che non si fanno fregare e contrattano fino all’ultimo centesimo e quelli che sanno fregare (i più sofisticati la chiamano flessibilità), quelli che sanno cantare, quelli che raccontano le barzellette e fanno cucù, quelli che lavorano sodo quando lavorano e quando non lavorano sanno godersi, come nessuno al mondo, la grande bellezza. Non passiamo inosservati. Siamo gente di mare, nessuno ha tanti chilometri di costa come noi, e siamo gente di traffici, talvolta perfino trafficanti, amanti del rischio e del commercio, accoglienti da sempre con chi arriva nei nostri porti, di recente non sempre, pronti a salpare, amanti del viaggio, e se non parliamo la lingua (non ne parliamo nessuna) ce la caviamo a gesti, oppure dipingiamo. Oppure esportiamo. Per un paio di decenni dopo la guerra, siamo stati noi i cinesi, e in una sola generazione siamo passati dalla fame alla Cinquecento per tutti. Magari siamo pure capaci di rifarlo. E siamo gente di campagna e di montagna, prudenti, accorti, risparmiatori, mai un passo più lungo della gamba, chi lascia la via vecchia per la nuova, solidi e robusti, con i piedi per terra, anche quando la terra trema, e trema spesso. Gente di cuore, e anche gente di fegato. Fatevi un giro ad Amatrice, o a Castelluccio, e poi ditemi. Siamo lesti, intelligenti, pronti, furbi da morire. Così furbi da aver accumulato il terzo debito del mondo convinti di non doverlo mai ripagare. Speriamo di non essere stati troppo furbi, perché se ci va male facciamo il botto e allora sì che ci si nota. Poi siamo meridionali, tutti, anche quelli che si dicono settentrionali ma che appena varcano il confine con la Svizzera vengono dal Sud. Metti un Salvini a Berlino e sembra un siciliano. Metti un discendente di piemontesi sul soglio pontificio e diventa il Papa delle periferie del mondo.
Abbiamo inventato praticamente tutto, l’Impero, la Cristianità, l’Umanesimo, la prospettiva, l’anatomia, la partita doppia, la pila elettrica, il telegrafo senza fili, il telefono e il Moplen. Raramente ci abbiamo fatto i soldi. Un inglese, Tony Giddens, una volta stilò la ricetta per un’Europa perfetta: tecnologia finlandese, produttività tedesca, egualitarismo svedese, tasso di occupazione danese, crescita economica irlandese, assistenza sanitaria francese, reddito pro capite lussemburghese, istruzione norvegese, cosmopolitismo britannico (così cosmopoliti che nel frattempo se ne sono andati), tempo cipriota. Si era dimenticato il genio italico. Talvolta ce lo dimentichiamo anche noi.