SCOPERTE DI FAMIGLIA
In viaggio con mamma (sul Bernina Express)
IL TAXI CI ASPETTA SOTTO CASA alle 9.35. Salgono a bordo due trolley e tre signore: hanno 196 anni in tre, non diremo come distribuiti. Ma un dettaglio sì: l’unica con i tacchi alti è mia madre, ed è stata coerente. «Mamma, mettiti i jeans che andiamo in montagna». In effetti li indossa, assieme ai suoi favolosi sandali gioiello. L’altra viaggiatrice è “Signora Paola”, l’amica di mia madre: una coppia di fatto, quasi, da quando sono rimaste vedove; vivono nello stesso condominio,
a Nuoro, da quasi 50 anni. È come una zia, se non di più, ma ancora non riesco a darle del tu. Questo è il nostro appuntamento annuale: per una settimana divento loro ostaggio a casa mia a Milano e, oltre alle passeggiate cittadine, organizzo sempre una gita a sorpresa. Questa volta in Svizzera, ma ancora non lo sanno. Arriviamo alla Stazione Centrale con mezz’ora di anticipo e facciamo bene. Le Ferrovie Trenord hanno un’idea piuttosto elastica dell’overbooking e alle 10.20, quando il convoglio si muove diretto a Tirano, il corridoio è invaso da valigie e persone, comincia oggi il ponte del 2 giugno. Gli effetti collaterali della ressa sono due: impieghiamo dieci minuti per guadagnare i 30 metri che ci separano dalla toilette, facendo slalom tra mani e piedi; riusciamo a malapena ad ammirare quel ramo del lago di Como favoleggiato dal Manzoni, nonostante costeggi la ferrovia per 40 chilometri. Il clima claustrofobico spinge mia mamma a condivisioni
Quanta mitezza inconsapevole nutriamo sempre in noi. La rassegnazione e la semplicità la mancanza di ansia.
Solo bruciando bruciando tutto il superfluo sarà possibile un passo a ritroso.
Non pettinarti senza che un ricciolo ti scappi via. Ne avrei paura.
Maurizio Cucchi, Quanta mitezza inconsapevole ( Da Paradossalmente e con affanno, Einaudi 2017)
definitive. «Guarda che ho lasciato tutto scritto: se muoio dal primo ottobre al 31 marzo dovete mettermi il vestito del matrimonio di Walter ( mio fratello, ndr); se dal primo aprile al 30 settembre, quello della presentazione del tuo primo libro». È irrilevante che non mi ricordi quale fosse. «Guarda le foto». Per fortuna gli escursionisti cominciano a scendere, le carrozze si svuotano, la mente si sgombera e quando arriviamo a Tirano abbiamo lasciato alle nostre spalle i pensieri funerei. Non siamo qui per visitare il Santuario della Madonna patrona della Valtellina, come ho millantato all’inizio del viaggio. La nostra destinazione è Sankt Moritz a bordo del Bernina Express Bex, il Trenino Rosso con le carrozze panoramiche che per 61 chilometri, fino alla nostra fermata, ci regalerà paesaggi mozzafiato (che spiegano perché questa linea dal 2008 sia patrimonio dell’Unesco): il viadotto di Brusio (uno spettacolare ponte in pietra dalla forma elicoidale),
l’Ospizio Bernina (a 2.253 metri è la più “alta” stazione della Ferrovia Retica), il contrasto tra il Lago Bianco e il Lej Nair (i colori del primo si devono alle acque che scorrono dal ghiacciaio del Cambrena) valgono da soli il biglietto. Nel frattempo, ci accorgiamo che il Bex ci ha messo a disposizione un benefit extra: l’esperienza supplementare della crioconservazione. L’unica a non lamentarsi dell’aria condizionata è la signora dei sandaletti con il tacco, che liquida con due parole le compagne di viaggio. «Siete vecchie». Vicino a noi una trentenne è a maniche corte, in effetti, ma ha ordinato un caffè con grappa...
DOPO DUE ORE E 17 MINUTI, alle 16.20, arriviamo a Sankt Moritz e appena mettiamo piede in suolo svizzero Signora Paola si accende una sigaretta come se non ci fosse un domani, neppure Patty o Selma Bouvier, le sorelle di Marge Simpson, farebbero tanto. Il cielo è coperto, ma questo non ci scoraggia: l’hotel Waldhaus am See, con il suo aspetto da castelluccio delle bambole, ci dà la carica per raggiungerlo a piedi in cinque minuti. L’accoglienza è sontuosa: la nostra family room è in realtà un appartamento con giardino sul lago e le due signore più grandi sono entrambe accontentate, una con la tivù, l’altra con il fumoir. Una mela e un bicchier d’acqua bastano per farci uscire dall’albergo. La mamma si converte alle scarpe da tennis e nella nuova tenuta sportiva, i k-way chiusi fino al collo, raggiungiamo il centro salendo per una ripidissima scala mobile. Troveremo quasi tutti i negozi chiusi, ma con questi prezzi neppure mettendo insieme i nostri 730 avremmo potuto comprare qualcosa. Non c’è neanche un supermercato, almeno non a vista d’occhio, e non si capisce dove facciano la spesa i cinquemila residenti certificati. Alle 19 è tutto deserto, rientriamo in hotel in tempo per riposarci