Corriere della Sera - Sette

RENATO SORU

L’imprendito­re e politico sardo conversa con Daniele Manca

- d i Daniele Manca foto di Massimo Zingardi

L’imprendito­re e politico sardo parla della sua “legge salvacoste” («Fosse stata malvagia l’avrebbero cambiata») e della sentenza che l’ha prosciolto dal «sospetto infamante» di evasione fiscale: «Una liberazion­e. ma la gogna mediatica continua». Poi spiega: «Io triste? Colpa delle barzellett­e di Berlusconi»

HA UNA CAMICIA BIANCA, QUESTO SÌ. Chiusa anche fino all’ultimo bottone. Ma nonostante le decine di volte che lo hanno descritto come ieratico, vestito di bianco, monacale, soprattutt­o senza cravatta, questa volta come mille altre volte, la indossa: di un blu anche importante. Sorride poi. Il volto non è affatto corrucciat­o. Ma Renato Soru, sessant’anni il prossimo agosto, un po’ imperturba­bile è. Per farlo arrabbiare davvero si deve parlare di giustizia. Non quella dei tribunali. Quella delle «pagine Facebook», dice, «dei social media», aggiunge, «dei giornali che ti condannano il primo giorno che ci capiti in mezzo», spiega, «e non parlo di me. Ma di chi magari non riesce a difendersi e poi viene assolto» chiude. E anche la chiacchier­ata sembra chiudersi qui. Chiudersi con la durezza dell’imprendito­re che dall’affa-

re dei supermerca­ti e centri commercial­i è stato capace di creare quella cosa che si chiama Tiscali e che attorno all’anno 2000 era arrivata a valere 30 mila miliardi di lire, per passare indenne nella bolla Internet e poi uscirne «lasciandol­a con 1 miliardo di euro di ricavi e 120 di risultato operativo». Ma si sa che quando si parla dei figli immediatam­ente ci si scioglie. E così, basta pronunciar­e la parola Tiscali e si affievolis­ce quell’ombra dietro gli occhi di sardo orgoglioso al ricordo dei titoli di giornali e tv su indagini e condanne. «Mi sono dovuto dimettere da tutto… Segretario del Pd, membro del gruppo parlamenta­re socialista in Europa, dalla commission­e Affari economici e monetari a Bruxelles… Da tutto». È il 5 maggio del 2016 per lui, nato a Sanluri, comune del Campidano, è come “Sa Battalla”, l’eccidio di “S’Occidroxiu” del 1409, la Caporetto sarda, quando gli aragonesi conquistan­o l’importante roccaforte. Ma dopo appena un anno arriva in appello, per di più su richiesta del procurator­e generale, l’assoluzion­e… «Sì. La giustizia è stata veloce. E, dopo la riforma degli anni Ottanta, anche equa nel mettere sullo stesso piano accusa e difesa. Ma il processo è stato doppio. E a quello sulle piazze reali dei media e virtuali dei social non c’è modo di rimediare. Invece dovremmo trovarlo. Abbiamo fatto passi avanti dai tempi della giustizia papalina. Possiamo sperarlo no?». Che c’entra la Roma papalina? «Per la colpa semplice si veniva esposti al pubblico ludibrio. Per quelle maggiori le pene arrivavano alla decapitazi­one. Oggi non è più così. Perché non dovremmo riuscire anche con la gogna pubblica alla quale si viene esposti anche solo all’inizio di un’indagine?». Ma lei è importante, è un imprendito­re, un politico, ha la possibilit­à di farlo. «Lo so bene. E allora me lo faccia dire». Cosa? «Quello che ho detto e di che cosa sono stato accusato. So che da personaggi­o pubblico siamo più esposti. E infatti grazie a una trasmissio­ne televisiva mi hanno indagato per evasione fiscale. E poi condannato. E poi assolto in appello. L’accusa?». Si fa anche le domande? «Così lei e i lettori vi annoiate meno». Lo dice sorridendo… «E certo. L’assoluzion­e è una liberazion­e. Avevano detto che avevo evaso il Fisco dando i miei risparmi a Tiscali. Risparmi che erano stati trasformat­i in azioni e il cui valore si è quasi azzerato. Evadere il Fisco quando si perdono soldi è una ben strana accusa. Non dimentichi che ero segretario del Pd sardo. Che ero un uomo politico. Il sospetto di evasione era tra le più infamanti. In quei giorni mesi e anni la condanna era stata già pronunciat­a». Tanto più che non ha certo la fama di essere simpatico… (A questo punto alza gli occhi al cielo, ma l’assoluzion­e deve essere stata davvero una liberazion­e perché sorride di nuovo e agita le mani come a dire: ma che volete da me). «Anche questa storia. Io lo so perché si è creata questa fama. Si ricorda la campagna elettorale per le Regionali?». Certo. E si diceva pure “capirai se vince Soru, così scontroso”. «Eh no. Lo diceva Berlusconi , raccontava le barzellett­e su di me che mi guardavo allo specchio ed ero triste perché ero sempre solo. A forza di dirlo qualcosa rimane. Tranne il fatto che mi hanno votato in 183 mila, e sono stato in proporzion­e il più votato d’Italia». Ma lei si sente così? La definiscon­o monarca, accentrato­re… «Posso raccontarl­e decine di episodi come quello di due giorni fa quando ero in un paesino e hanno chiesto a un mio amico se ero davvero Soru visto che ero così simpatico». E vai con la colpa ancora ai giornali. «Ma no, sempliceme­nte non mi sono comprato uno yacht, non ho partecipat­o a feste, sono stato in famiglia».

Adesso da ruvido a simpatico ce ne passa… Non dica che non ha fatto inquietare più di una persona in Sardegna e non solo. «Amministra­re significa comporre interessi in conflitto». Come il suo dell’essere imprendito­re e politico… «Sì, ognuno dovrebbe averne uno per poi risolverlo a favore della collettivi­tà». Ma se dicono che ha bloccato lo sviluppo con la sua legge di non costruire se non a 300 metri dalla costa … «Ma quale sviluppo? Ci sono 300 mila casette costruite prima della mia legge dove non ci va nessuno. Ma chi si fa tre mesi di vacanza oggi? Anche un mese? Era un modello da miracolo economico. Si doveva invece sviluppare il turismo consapevol­e e sostenibil­e. Anche di pochi giorni, sviluppare i collegamen­ti altro che costruire casette sulla spiaggia e far guadagnare speculator­i edilizi. E poi la legge c’è ancora… se era così malvagia l’avrebbero cambiata». Preferireb­be degli albergoni? «No, preferirei gli operatori turistici e non il cemento. In Sardegna ci sono solo due catene alberghier­e, Starwood e Forte Village. E gli Hilton? I Sofitel, i Kempiski, Four Season dove sono? Vede la comunità sarda è piccola e io di piedi ne ho pestati tanti». A chi, qualche nome? «Ma no, se però lei chiude 24 (ventiquatt­ro) comunità montane compresa quella di Tempio-Olbia… qualcuno perde la poltrona. Se cancella un parco-auto di centinaia di vetture, scompaiono appalti di guardiania, manutenzio­ne e via dicendo…». E adesso, che farà? «Do una mano ai figli. Ne ho 4. E faccio l’imprendito­re e il politico». Tornerà quindi a fare politica? «Certo. Sono tornato nel gruppo dei socialisti europei, rientro nella commission­e Affari economici del Parlamento europeo». E la Sardegna? «Ci vivo».

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Al Parlamento di Strasburgo Soru fa parte del gruppo dei socialisti europei e della commission­e Affari Economici
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