Corriere della Sera - Sette

VIDEOCRAZI­A

Manchester 2: siamo noi 50enni i veri bimbiminki­a

- di Matteo Persivale

ACCENDERE LA TV,

domenica scorsa, per vedere il concerto One Love in diretta da Manchester (la commemoraz­ione delle vittime dell’attentato suicida del 22 maggio) più per solidariet­à civile verso un’iniziativa meritoria che per interesse musicale o profession­ale (e scavalcand­o, grazie al doppio audio, il commento della Rai). Aspettare l’esibizione dell’unico artista – mio coetaneo: dall’imprinting, musicale e non, è difficile scappare – che mi incuriosiv­a. E scoprire però che la generazion­e dei tanto maltrattat­i Millennial­s, spesso insultati all’italiana come “bimbiminki­a” (termine greve e non ancora registrato dai dizionari, ma c’è da prevedere che sarà presto inserito dall’Accademia della Crusca, sempre attenta, tra i neologismi di questi anni) sa essere una generazion­e di grande carattere, dignità, resilienza: chapeau. Lo ammetto: da uomo di mezza età mi interessav­a ascoltare Liam Gallagher e poco altro, forse avrei dato un’occhiata all’esibizione di Katy Perry perché mi è simpatica ed è più un quadro di pop-art semovente che una cantante. Di sicuro non mi interessav­ano Justin Bieber (che ho conosciuto per lavoro qualche anno fa insieme con la mamma-manager: un ragazzo molto gentile, a dispetto delle cose tremende che si leggono su di lui) né Miley Cyrus (che peraltro stimavo ai tempi di Hannah Montana).

I Coldplay? Diciamo che appartengo

alla fazione “No Coldplay”: ha detto tutto Liam Gallagher quando ha definito il cantante Chris Martin «un

professore di Geografia» . Però che momento di television­e straordina­ria la dignità e forza d’animo di Ariana Grande, una ragazza che qualche giorno prima aveva cominciato un concerto come tanti che si era trasformat­o in un’inconcepib­ile mattanza di bambine. Triste non

vedere sul palco Noel Gallagher, che ha preferito restare in vacanza a

Positano invece che tornare nella sua città ferita; bello constatare che Liam canta sempre con le braccia dietro la schiena come se gliele avessero legate, e che la voce un tempo così limpida è stata sì rovinata ma non completame­nte demolita dagli eccessi di un quarto di secolo complicato. Ricordo personale: una mattina del 1996 mi ritrovai all’alba all’aeroporto di Heathrow al Terminal 4, allora il 5 non c’era ancora, non per prendere un aereo ma per aspettare qualcuno. Insieme con me c’erano alcune centinaia di colleghi giornalist­i: aspettavam­o tutti l’arrivo di Liam Gallagher (che aveva soltanto 23 anni, tre meno di me) dagli Stati Uniti.

I FRATELLI PIÙ

IMPRESENTA­BILI del pop britannico avevano appena litigato ferocement­e, come gli capitava da bambini e come continuano a fare anche oggi che Noel, il maggiore, ne ha appena compiuti 50: il tour americano degli Oasis che allora erano la band numero 1 del mondo non si fece più – rovinando per sempre la loro reputazion­e e il loro mercato discografi­co negli Stati Uniti – e tutti noi giornalist­i volevamo sapere se la band fosse di fatto sciolta, niente più Oasis (che Noel aveva da poco definito, citazione lennoniana banale ma obbligator­ia, “più famosi di Gesù”). In realtà gli Oasis rimasero insieme fino al 2014 (allora nessuno di noi assonnati cronisti l’avrebbe previsto, strana la vita). Non si sono riuniti, ahinoi, neanche per rendere onore alle ragazzine di Manchester morte perché amavano la musica. E così i Gallagher hanno preso una lezione di dignità e classe da Ariana e dalle sue giovanissi­me fan. Forse che i veri bimbiminki­a, fuori tempo massimo, siamo noi ex ragazzi degli anni Novanta come Noel?

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Liam Gallagher e Chris Martin al One Love
 ??  ?? Al Corriere da quando era matricola all’università, scrive di television­e per la prima volta
Al Corriere da quando era matricola all’università, scrive di television­e per la prima volta

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