Corriere della Sera - Sette

BLACK ROCK

Manchester 1: così Ariana ha spaventato la paura

- di Giusi Fasano

DICIAMOLO. PER CHI AMA LA MUSICA

vedere un concerto dallo schermo minuscolo della television­e è un non-senso. Irritante, perfino. Vuoi mettere le vibrazioni che arrivano in diretta dalle casse, dal palco, dai balli, da migliaia di voci che cantano tutte assieme? Esserci, come sempre, fa la differenza. La tivù – ho sempre creduto – al massimo è buona per i talent o per un documentar­io musicale da gustare nel salotto dei ricordi. Eppure... Eppure il 4 giugno è stata un’eccezione. La musica, le facce, le parole e l’atmosfera che arrivavano da One Love Manchester erano in qualche modo anche lì, nel salotto. Guardavo la lunga coda di Ariana Grande passare da una spalla all’altra e pensavo alla lezione

che quella ragazzina stava dando al mondo. Era una lezione di vita. Ascoltavo i Coldplay, Katy Perry, Liam Gallagher, Robbie Williams e mi arrivava l’onda emotiva che stava travolgend­o i cinquantam­ila nell’Old Trafford Cricket Ground. Lo confesso, fino alla tragica sera del Manchester Arena di Ariana Grande sapevo il minimo sindacale. Troppo giovane e lontana dalle mie onde sonore. Non che adesso citi a memoria le sue canzoni ma una cosa di lei mi è chiarissim­a: sa spaventare la paura. A meno di 24 anni e in meno di 15 giorni è riuscita a generare una quantità di vita che non esiste nemmeno nelle favole. Dopo il palco drammatico di quella sera di fine maggio – quando alla fine del suo concerto l’Arena diventò il mattatoio del terrorista di turno – Ariana è corsa in ospedale ad abbracciar­e i

feriti, ha promesso a tutti che non li avrebbe lasciati soli, ha chiamato Miley Cyrus, i Take That, Justin Bieber e gli altri amici e ha organizzat­o al volo un concerto che richiedere­bbe

mesi di preparazio­ne. Mesi. E all’Old Trafford Cricket Ground è andata in scena tutta la potenza della musica come terapia d’urto. Per spaventare la paura, appunto. Per arrivare nelle case di milioni di telespetta­tori e mostrare le mani unite nella forma del cuore, non chiuse a pugno.

TROVO ANCORA PIÙ STRAORDINA­RIO che tutto questo sia successo poche ore dopo l’attacco di Londra. Perché – dice la lezione di Ariana – la paura va estirpata quando è ancora un germoglio, non le va dato il tempo di crescere. Che le sue radici non arrivino giù, sul fondo delle nostre esistenze. Che non si estendano nel terreno delle nostre giornate. Stava succedendo agli Eagles Of Death Metal dopo la carneficin­a del Bataclan di Parigi. Dove trovare il coraggio di tornare a suonare dopo lo sgomento e il dolore per tutti quei ragazzi morti nella sala concerti? Ogni accordo alla chitarra sembrava stonato per sempre. La band california­na riuscì a tornare sul palco grazie agli U2, in concerto proprio a Parigi meno di un mese dopo gli attacchi del commando terrorista e i 130 morti innocenti. Alla fine della seconda serata, quando il pubblico chiese il bis, Bono tornò al microfono, introdusse i “fratelli” Death Metal e disse: «Tre settimane fa gli hanno tolto il palco, stasera vorremmo offrigli il nostro». E la musica vinse.

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Ariana Grande sul palco dell’Old Trafford Cricket Ground
 ??  ?? Giornalist­a, dal 1989 racconta per il Corriere della Sera fatti di cronaca, quasi sempre nera
Giornalist­a, dal 1989 racconta per il Corriere della Sera fatti di cronaca, quasi sempre nera
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