PER ME L’ESTATE È SEMPRE STATA UNA FUGA
dai tormentoni che ti si appiccicano alle orecchie come la sabbia alla crema solare. Passo per essere un rock-snob ma ho i miei scheletri nell’armadio. Nessuno di loro però, lo garantisco, parla con accento spagnoleggiante. Luglio 1992. Finiti gli appelli si parte per il mare con gli amici. Destinazione Lido di Spina. Andrea è di Ferrara, i suoi genitori hanno casa lì. Ci aspettano il ragù di mamma Silvana (la cui fama nel corso degli anni è arrivata fino a New York) e le tentazioni della riviera emiliano-romagnola. La spiaggia al pomeriggio come base operativa. La piadina alla Ca’ de Vèndi Ravenna e le grigliate monumentali alla Cascina di Mandriole (chiamavamo il proprietario Vasco per la somiglianza): lo avevamo ribattezzato tour pornogastrico. Il giro dei locali notturni fino all’alba. Nella mia macchina c’è una cassetta con una compilation autoprodotta: successi del momento e classici. Mare mare, vincerà il Festivalbar quell’anno, sembra pensata apposta per noi. La fuga dalla città, la “z” di Carboni che geolocalizza la vacanza e quella leggerezza che ci fa veramente venire voglia «di abbracciare tutte quante voi ragazze belle del mare mare». Chissà cosa pensano Cristiana e Cristina, parte femminile del gruppo, quando ci vedono svolazzare dietro alle nuove conoscenze da spiaggia. La parte vintage è affidata a Ruby Tuesday dei Rolling Stones. La cantiamo al supermercato mentre lanciamo gli acquisti dallo scaffale direttamente nel carrello per allenarci a beach basket. Chissà cosa pensano di noi le signore che stanno facendo la spesa. «Lose your dreams and you will lose your mind» canta Jagger. La domenica pomeriggio qualcuno torna a casa con una brutta notizia. «La mafia ha ucciso un altro magistrato». Tutti davanti alla tv per scoprire della strage di via D’Amelio, l’attentato a Borsellino e alla scorta. Per un momento i sogni ci sembra di averli persi veramente.