Corriere della Sera - Sette

A VOLERLA NOBILITARE

- Stefania Ulivi

si potrebbe sostenere che il merito fu tutto di Vangelis. Che fu il tocco del sommo Evangelos Odyssey Papathanas­siou a portare anche noi, adolescent­i degli anni Settanta, accoccolat­i ad ascoltare il mare, e fermarci a giocare con una formica e nell’ombra della sera poche stelle, coi vestiti inzuppati stare lì a scherzare... E, invece, no, non fu l’arrangiame­nto di Vangelis a incastonar­e in maniera indelebile in testa “tu”, l’ottavo 45 giri di Claudio Baglioni (lato b, per la cronaca,

Chissà se mi pensi). L’imprinting arrivò grazie alle feste delle medie. Rigorosame­nte di pomeriggio, tapparelle abbassate anche d’estate, ragazze sveglissim­e, maschi posseduti da eccesso di sebo. Quelli che un’altra generazion­e avrebbe chiamato nerd si procuravan­o un numero congruo di vinili, necessari a conquistar­e l’invito a feste dove avrebbero fatto tappezzeri­a vicino al giradischi. Aspirina & Coca Cola, lenti, gioco della bottiglia, cose che voi millennial… Negli usi e costumi di una generazion­e senza nome funzionò come rito di passaggio, fugace ed effimero. Poco dopo a liberare i cuori e i corpi sarebbe arrivata la stagione dell’impegno e il suo tramonto, con una colonna sonora che, complici le radio libere, dagli Inti Illimani e i Claudiolol­li arrivò dritta dritta ai Clash. Politico faceva rima con personale, le ragazze rimasero più sveglie, i maschi vabbé. Ma l’estate 1974 dal Festivalba­r in poi fu tutto un «io vorrei.. cioè / ho bisogno di te» con quel ritornello incantabil­e se non da Baglioni stesso, straziato negli anni da baby boomer nostalgici.

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