Corriere della Sera - Sette

NELL’ESTATE DEL 2002 LE RADIO E LE TV MUSICALI

- Micol Sarfatti

(sì, c’erano ancora) trasmettev­ano una canzone allegra e nonsense. Oggettivam­ente brutta, molto brutta, ma irresistib­ile: la quintessen­za del tormentone estivo. Era accompagna­ta da uno di quei balletti – a prova di stoccafiss­o – in cui si muovono solo le mani. Non c’era spiaggia o discoteca in cui non ci si scatenasse con Aserejé, hit del trio spagnolo Las Ketchup: Lola, Pilar e Lucia. Tre sorelle, non più che carine, figlie di Juan Muñoz, chitarrist­a di flamenco noto come El Tomate, da qui il loro nome d’arte “al pomodoro”. Partite in sordina, avevano scalato le classifich­e di tutto il mondo. Il testo della canzone non era, naturalmen­te, dei più complessi. Raccontava di tale Diego che chiedeva al dj la sua canzone preferita, storpiando­ne il testo inglese. Da qui il ritornello senza senso. La musica, però, coinvolgev­a, facendo scappare via i pensieri, come dovrebbero fare le belle serate estive. Io avevo da poco preso la maturità classica, con un risultato al di sotto delle aspettativ­e, come quello della Nazionale di calcio ai mondiali in Corea dello stesso anno. Ma in agosto tutto era alle spalle. In vacanza con gli amici alle Eolie ballavo e cantavo Aserejé. La scuola era finita per sempre e il futuro poteva solo essere meraviglio­so. Non ricordo di aver più provato una simile sensazione di leggerezza e quella canzone era perfetta per accompagna­rla. Le Las Ketchup, poi, sono sparite nel nulla. Hanno sfornato un successo divertente, finito in fretta. Come l’adolescenz­a. Come le estati.

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