NELL’ESTATE DEL 2002 LE RADIO E LE TV MUSICALI
(sì, c’erano ancora) trasmettevano una canzone allegra e nonsense. Oggettivamente brutta, molto brutta, ma irresistibile: la quintessenza del tormentone estivo. Era accompagnata da uno di quei balletti – a prova di stoccafisso – in cui si muovono solo le mani. Non c’era spiaggia o discoteca in cui non ci si scatenasse con Aserejé, hit del trio spagnolo Las Ketchup: Lola, Pilar e Lucia. Tre sorelle, non più che carine, figlie di Juan Muñoz, chitarrista di flamenco noto come El Tomate, da qui il loro nome d’arte “al pomodoro”. Partite in sordina, avevano scalato le classifiche di tutto il mondo. Il testo della canzone non era, naturalmente, dei più complessi. Raccontava di tale Diego che chiedeva al dj la sua canzone preferita, storpiandone il testo inglese. Da qui il ritornello senza senso. La musica, però, coinvolgeva, facendo scappare via i pensieri, come dovrebbero fare le belle serate estive. Io avevo da poco preso la maturità classica, con un risultato al di sotto delle aspettative, come quello della Nazionale di calcio ai mondiali in Corea dello stesso anno. Ma in agosto tutto era alle spalle. In vacanza con gli amici alle Eolie ballavo e cantavo Aserejé. La scuola era finita per sempre e il futuro poteva solo essere meraviglioso. Non ricordo di aver più provato una simile sensazione di leggerezza e quella canzone era perfetta per accompagnarla. Le Las Ketchup, poi, sono sparite nel nulla. Hanno sfornato un successo divertente, finito in fretta. Come l’adolescenza. Come le estati.