Corriere della Sera - Sette

Come inventare la Madame Bovary americana e farsela scippare

- di Antonio D’Orrico

NEL 1963 USCÌ IN AMERICA

un libro destinato a fare epoca. Quasi nessuno se ne accorse. Il romanzo si intitolava

Il laureato ( The Graduate), ma era in leggero anticipo sui tempi che stavano cambiando. Ci vollero ancora quattro anni perché la storia di Ben Braddock, giovanotto premiato con il massimo dei voti e avviato al più radioso avvenire universita­rio, dispiegass­e tutta la sua potenza diventando l’omonimo film con la decisiva regia di Mike Nichols, le decisive interpreta­zioni di Anne Bancroft (al culmine del suo fascino) e Dustin Hoffman, le decisive musiche di Simon & Garfunkel (più che una colonna sonora, l’inno di una generazion­e che voleva sfatare il detto secondo cui ogni generazion­e è uguale all’altra). I ragazzi degli anni Sessanta, quelli che volevano cambiare il mondo e un po’ lo cambiarono, si specchiaro­no nella goffaggine di Ben eroticamen­te preda di Mrs Robinson, una bella donna più grande di lui (una coetanea dei suoi genitori, moglie dell’amico e socio in affari del padre), e videro in lui l’antieroe giusto del loro tempo ribelle. Ben scopre il sesso con Mrs Robinson (che è un amante indefessa) e, quasi contempora­neamente, scopre l’amore con la figlia della donna. La storia piacque da morire perché riuscì a far brillare (come si dice degli esplosivi) le idee, i sentimenti, i comportame­nti del nuovo stile di vita occidental­e in una commedia dal ritmo perfetto. Il cinema si prese tutto il merito del successo. A Charles Webb, l’autore del libro, andarono solo le briciole. Forfettizz­ando: il film incassò 100 milioni di dollari; Webb per cedere i diritti (per sempre!) intascò ventimila verdoni. E poi,

oltre al danno ci furono le beffe. Mike Nichols, da grande regista, capì che i dialoghi del romanzo erano già perfetti per il film e raccomandò di lasciarli così. Si arrivò al paradosso che gli sceneggiat­ori, Calder Willingham e Buck Henry, usurparono una nomination Oscar per la migliore sceneggiat­ura non originale. E nessuna menzione per i dialoghi originali? Eppure sono proprio belli. Sentite questo tra Ben e il padre. Ben: «Voglio qualcos’altro». Mr Braddock: «Che cosa vuoi?». Ben: «Non lo so». O questo tra Ben e Mrs Robinson. Ben: «Non va a letto con suo marito da cinque anni?». Mrs Robinson: «Ogni tanto. Si ubriaca due o tre volte all’anno». Ben: «Quante volte all’anno?». Mrs Robinson: «L’ultima notte dell’anno. Certe volte quando compie gli anni». Ben: «Accidenti, ma è interessan­tissimo».

CINQUANTAQ­UATTRO

anni dopo il romanzo di Webb regge con disinvoltu­ra il peso del tempo. Il personaggi­o di Ben, con le sue confuse aspirazion­i e con la sua scontentez­za del presente, non è scaduto. Il finale romantico (ma durerà?) suscita ancora simpatia. E Mrs Robinson, con le sue voglie, le sue ferite, i suoi drink, il suo mistero e la sua solitudine, giganteggi­a addirittur­a. Dicono che sia la Madame Bovary americana. Lo è, ma senza bovarismi. Prima di Mrs Robinson c’è un’altra celebre adultera americana, Hester Prynne di La lettera scarlatta. Hester anticipò (in salsa puritana) la stessa Emma di Flaubert. I grandi romanzi li hanno fatti gli adultèri. L’altissima fedeltà letteraria dipendeva dall’altissima infedeltà sessuale. La carriera di Charles Webb finì prima di cominciare. È stato manager di un camping per nudisti, ha una moglie di nome Eve (ma si fa chiamare Fred) gravemente depressa. Naviga da sempre in cattive acque economiche. Mrs Robinson lo ha usato e gettato. E poi lo ha tradito con quelli del cinema.

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Dustin Hoffman contempla Anne Bancroft nel Laureato (1967)
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