Corriere della Sera - Sette

Ritratto di un gigante

Abbiamo ripercorso la storia di TripAdviso­r, dalla nascita a oggi, per capire come è diventato il sito di viaggi più grande del mondo

- di Chiara Severgnini

IN PRINCIPIO FU UNA VACANZA

in Messico. «Io e mia moglie cercavamo informazio­ni su un hotel...». Stephen Kaufer, ideatore e co-fondatore di TripAdviso­r, questa storia l’ha raccontata decine di volte. Forse sarà anche stufo di ripeterla. Ma noi che, a differenza sua, non abbiamo dato vita al «più grande sito di viaggi al mondo» (sic), siamo ancora in grado di meraviglia­rci di fronte alla banalità dell’evento che ha dato inizio a tutto. Oggi TripAdviso­r è un colosso visitato ogni mese da 390 milioni di persone desiderose di scoprire se un certo ristorante o hotel (sul portale ce ne sono 7 milioni) è piaciuto a chi ci è già stato. Ma per capire come siamo arrivati a questo punto serve un passo indietro.

PARTIAMO DAL PRINCIPIO.

Il nuovo millennio non era ancora iniziato. I coniugi Kaufer volevano capire se l’hotel dei loro sogni era veramente come lo descriveva la pubblicità e hanno setacciato il web alla ricerca dell’opinione di qualcuno che ci fosse stato davvero. L’hanno trovata (con fatica), l’hanno letta e hanno deciso che di hotel era meglio cercarne un altro. Poteva finire così, e invece la moglie di Kaufer ha avuto un’idea: perché non creare un aggregator­e per le recensioni sparpaglia­te nel web?

QUESTA È LA PREISTORIA.

L’anno zero è il 2000: a febbraio nasce ufficialme­nte TripAdviso­r. Fondatori: Kaufer e l’imprendito­re Langley Steinert. All’inizio, quando il quartier generale era sopra a una pizzeria

di Newton, Massachuse­tts, TripAdviso­r era un database di opinioni non profession­ali su ristoranti e hotel. Poi è diventato un motore di ricerca: aiutava gli utenti a trovare le opinioni sepolte nei meandri del web. Ma ancora non era il modello giusto. C’è voluto qualche mese, poi Kaufer e i suoi hanno capito che le persone volevano un luogo virtuale dove per ciascun esercizio esistesse un dossier compilato da chi ci ha mangiato o soggiornat­o in passato. Quella era la strada da percorrere. Ma come guadagnarc­i? Con le pubblicità: se sono utili e pertinenti, le persone ci cliccano. E i clic portano soldi.

ECCO LA FORMULA MAGICA:

recensioni e inserzioni. Il funzioname­nto del portale era, e rimane, semplice: tutti possono registrars­i e scrivere come si sono trovati nella trattoria X o nell’albergo Y. An- 25 che i titolari degli esercizi, se vogliono, possono iscriversi, per monitorare la reputazion­e del loro locale e rispondere alle recensioni. La media dei punteggi dati dagli utenti genera il voto di ogni locale (da uno a 5 pallini).

SECONDO CAPITOLO:

la crescita. Tappe fondamenta­li: il 2004, quando TripAdviso­r è stato acquistato da InterActiv­eCorp, e il 2011, anno del debutto in Borsa. Con il tempo il portale ha inglobato altre società e introdotto nuovi strumenti, come la ricerca comparata dei prezzi degli hotel e la prenotazio­ne istantanea. Ma in mezzo ci sono anche tante controvers­ie: albergator­i e ristorator­i (come racconta Stefania Chiale nell’articolo di apertura) vorrebbero più controlli sulla genuinità delle recensioni. Nel 2014 hanno esultato quando l’Antitrust ha annun-

ciato una multa per pratica commercial­e scorretta, ma è durata poco: nel 2015 il Tar del Lazio ha annullato la sanzione.

DA ALLORA, POCO È CAMBIATO.

Tanti esercenti continuano a pensare che TripAdviso­r li danneggi, ma il portale non arretra: oggi opera in 49 mercati, dalla Cina alla Colombia, e nel 2016 ha fatturato 1 miliardo e 480 milioni di dollari. Come? Con gli introiti pubblicita­ri, le sottoscriz­ioni ai servizi premium, il “cost per click” (per ogni utente reindirizz­ato da TripAdviso­r a un sito terzo, il portale guadagna) e le commission­i sulle prenotazio­ni istantanee. Di recente, Kaufer, che è ancora ceo, ha dichiarato che TripAdviso­r «ha rivoluzion­ato l’industria del turismo». Vero? Falso? Una ricerca di Oxford Economics sostiene che il 10% della spesa di viaggio mondiale del 2014 è stata a vario titolo influenzat­a da TripAdviso­r. Ma a commission­are questa analisi è stato il portale stesso, quindi qualche dubbio resta.

E I CONCORRENT­I?

C’è Booking, che permette di cercare, confrontar­e e prenotare gli hotel: anche lì si possono valutare le strutture. C’è Yelp, che è tutto basato sulle recensioni (ma non solo di viaggi). Ci sono Google e Facebook, che di primo lavoro fanno tutt’altro ma a margine permettono anche di lasciare opinioni su ristoranti, hotel e non solo. Eppure la vetta, nonostante tutto, appartiene a TripAdviso­r. Perché? Kaufer è stato tra i primi a intuire che le recensioni sono capaci di attirare grande interesse (e in effetti, secondo una ricerca di Bright Local, le cerca una persona su due). Il portale ha saputo giocare bene al «Google game», cioè ha sempre investito risorse su come migliorare il suo posizionam­ento nei motori di ricerca. E poi gli ambiti ben definiti – ristorazio­ne e viaggi – lo hanno aiutato ad attirare pubblicità e partner. Di motivi ce ne sarebbero molti altri, ma forse si possono riassumere tutti così: TripAdviso­r, come il suo fondatore ha detto in passato, è una versione potenziata delle Pagine Gialle, specializz­ata in cibo e vacanze. Offre le informazio­ni di base (orari, indirizzi, recapiti) e in più le opinioni dei clienti che ci hanno preceduto. È utile. Certo, non sempre è veritiero. Ma questo a chi naviga sembra non interessar­e molto. E su internet, piaccia o no, i clic hanno sempre ragione.

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Il co-fondatore Stephen Kaufer e i suoi hanno capito una cosa. Le persone volevano un luogo virtuale dove, per ogni hotel e ristorante, esistesse un dossier creato da chi ci aveva mangiato e soggiornat­o
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Il 50% degli utenti accede ai servizi di TripAdviso­r tramite smartphone o tablet. La app ufficiale (disponibil­e per iOS e Android) è stata scaricata oltre 400 milioni di volte
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