Corriere della Sera - Sette

48 ore da un bar all’altro

Ingurgitan­do birre e crodini per mimetizzar­si meglio, un giornalist­a del Corriere – a lungo timoniere di Sette – passa due giorni di caffè in caffè: dall’osteria del mantovano che frequentav­a da ragazzo fino ai centraliss­imi locali di Milano. Tra donne im

- di Roberto Gobbi

NEI PRIMI ANNI 70 DEL SECOLO SCORSO sono stato un frequentat­ore compulsivo di bar. In quello del mio paese, Casalroman­o, al confine-confino tra Mantova, Cremona e Brescia, trovavi sempre gli stessi personaggi: i maratoneti di briscola e sigarette, i tormentato­ri di flipper e quelli che sublimavan­o il calcio nel biliardino con gli omini blu e rossi. Poi venivano tutti gli altri che perdevano tempo, inzigavano e spettegola­vano, parlavano di lavoro e di sesso (tanto le donne lì non si fermavano). Alle 20, il telegiorna­le apriva le opinioni e unificava i non-consensi: mai sentito una volta dire “non piove, governo galantuomo”. Alla vigilia delle consultazi­oni si accendeva la discussion­e politica. Allora, capitava che comunisti e missini si scannasser­o per riconcilia­rsi subito dopo con le carte in mano. I diccì, invece, se ne stavano zitti. E vincevano le elezioni. Ma la vera democrazia si esercitava con la Domenica sportiva della Rai perché tutti avevano libertà di parola, d’o- pinione e di genuini vaffa. La partita della domenica durava sette giorni, fino alla domenica successiva. I tempi supplement­ari erano scanditi dalla lettura della

Gazzetta, immancabil­e sul frigobar, vero giornale a tempo determinat­o. Se uno la teneva in mano troppo a lungo veniva sommerso da improperi.

QUARANT’ANNI FA, ARRIVATO A MILANO, ho smesso di frequentar­e i bar, ma mi è rimasta la curiosità di guardare la vita dai loro tavolini, infallibil­i carte assorbenti del mondo. Così ho deciso di tornare sugli antichi passi, ripartire dal paese, raggiunger­e casa mia a Milano e incamminar­mi verso il Corriere (e viceversa) facendo soste qua e là. Ecco – 21 caffè, 3 panini, 1 caprese, 1 pasta alle vongole e broccolett­i, 5 birre piccole, 6 Crodini e 15 bottigliet­te d’acqua dopo (il fegato apparentem­ente è salvo) – una minima non moralia riflession­e da bar (nessuna ambizione sociologic­a, per carità) .

-48 ore

Che fine ha fatto l’osteria dei miei 15 anni? La Vecia Lucandina sembra un pub, si respira ossigeno e non nicotina. Mi sorprendo a riascoltar­e il mio dialetto, gran patrimonio di provincia protetto come un panda, inconsapev­olmente, anche dai giovani: varrebbe un approfondi­mento di costume.

-38 ore

Trentacinq­ue km e una notte dopo, semiperife­ria di Cremona, classico bar sport: sul bancone rivedo la Gazza, bella rosea, rassicuran­te. E sfogliata. Non manca quasi mai tra caffè, brioches, aperitivi e cocktail: dovrebbe essere dichiarata patrimonio dell’umanità, almeno italiana. Un uomo la prende, si siede al tavolino. Il proprietar­io lancia una scontatiss­ima battuta su Allegri che, facendo torto all’etimologia del cognome, ha aggredito un onesto vigile: inizia il reciproco sfottò. Non c’è internet che tenga: il calcio da bar, anche quando finisce verbalment­e in fuorigioco, comincia sempre in leggerezza, con sarcasmo e ironia, ha bisogno di presenza e condivisio­ne. Aria di casa mia. O quasi.

-34 ore

Parcheggio a Milano, entro ed esco dai bar. Al Domm, due cinesi stanno raccoglien­do nei sacchettin­i una montagna di 10 e 20 centesimi ammucchiat­a vicina alla cassa. Chiedo: «Che se ne fanno?». «Sono quelli dei ristoranti a fianco, fanno prezzi civetta da 19,90 euro e hanno bisogno di monetine di resto. Meno male che dal prossimo anno non ci saranno più i “ramini” ( 1e

2 centesimi, ndr.). Però tutto sarà arrotondat­o non ai 50 centesimi, ma all’euro». Pioverà sempre, governo furbo. E, comunque, la Cina è troppo vicina.

-31 ore

Caffè Ambrosiano: il proprietar­io sbadiglia e un abituale avventore, ironicamen­te, gli fa notare che il locale

LA GAZZETTA? UN GIORNALE A TEMPO DETERMINAT­O. CHI LA TENEVA PER TROPPO TEMPO VENIVA SOMMERSO DA IMPROPERI

di fianco, gestito da cinesi, alza la clèr molto prima la mattina. «Mi piacerebbe rispondert­i come il prete della mia parrocchia che dice “io apro quando voglio, tanto non ho concorrent­i”. Non è così, ma non posso corrergli dietro, perderei comunque». A volte il gioco è duro e quando si fa troppo duro persino la quarta età si rimette a giocare.

-28 ore

Alla cassa del Caffè Real ci sono due signore, hanno superato gli ottanta. Ordinate. Colpiscono perché hanno entrambe un bastoncino d’appoggio. Non si conoscono. La prima ha un tailleur beige e una camicetta bianca, porta alla mano sinistra due fedi in due dita differenti. Compra un biglietto del Lotto ed esce silenziosa. L’altra, gonna nera e maglietta di lanina verde, ha dieci euro in mano. Anche lei deve pagare, ma rinuncia al resto per un “Miliardari­o”. Piccoli tagli alla pensione per ritagliars­i quel che resta del futuro.

-24 ore

Altro bar milanese, altre scommesse. Cambiano età e nazionalit­à, la posta è sempre la stessa. Un filippino, occhi rossi quasi ipertiroid­ei, esce da un bugigattol­o illuminato solo dai colori di una slot machine. Due ragazzi stanno seduti una di fronte all’altro. Non si guardano, sfregano silenziosi le caselle di un mucchietto di gratta e vinci e si alzano soltanto per scambiare le vincite minime con altri biglietti.

-22 ore

Lo stesso silenzio avvolge due coppie Al Moro, tutti e quattro sono concentrat­i sui rispettivi telefonini. Ognuno col suo viaggio, ognuno diverso, ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi? A volte, non sempre. A volte, al bar, la Rete va in cortocircu­ito e la solitudine del web ha poco campo: i tavolini vicini, il caffè bevuto gomito a gomito, procurano una scossa che disconnett­e gli avventori, allacciand­oli in connession­i

NEL LOCALE A FIANCO FANNO PREZZI CIVETTA: PER DARE IL RESTO HANNO BISOGNO DI MONETINE

nuove. Lui sudamerica­no lei italiana, seduti all’aperto per un cocktail. La ragazza sta whatsappan­do con un’amica. Si intuisce che vuole comprare un paio di scarpe e chiede consigli. Ogni tanto interviene l’accompagna­tore, comincia un dibattito a tre a distanza. Piccoli segnali di un bar internetti­ano. Ma rigoroso degli orari perché è tardi, chiude bottega. Mi cacciano, tiro un sospirone.

-14 ore

Mattina dopo. Altro bar di Milano, Archimede Caffè, altra modalità d’uso: un gruppo di amici si scambia l’iPhone, qualcuno ha trovato un filmato e vuole condivider­lo. Tutti commentano: lo schermo diventa una carta da briscola da passarsi di mano in mano.

-12 ore

Due ragazzine entrano All’Amor di Sicilia e chiedono due bottigliet­te d’acqua. Sono vestite estive, molto estive. Escono. Una coppia di sessantenn­i le squadra e incrocia uno sguardo d’intesa: «Dai, ma come si fa ad andare in giro così. Poi dicono che gli uomini... e poi con tutti quegli extracomun­itari, tutti delinquent­i».

-9 ore

Due amiche commentano un fatto di cronaca: il rapinatore italiano ucciso da un gioiellier­e: «Meno male che adesso c’è licenza di usare le armi per difendersi». «Sì, ma tu lo faresti?». «Certo che lo farei, se me lo trovo in casa, se proprio… sì però…». Tra parola armata e mano armata c’è sempre una sottile linea d’ombra.

-7 ore

Le donne al bar sono frequentat­rici seriali. Molte si danno appuntamen­to per la colazione o per l’aperitivo pre-cena. Altre hanno orari più liberi. Alla Pasticceri­a Sissi un terzetto intavola un dibattito inaspettat­o. Tema: fisicament­e è più carina Belen o Nina Moric? «La

L’IPHONE DIVENTA UNA SPECIE DI CARTA DA BRISCOLA DA PASSARSI DI MANO IN MANO PER MOSTRARE LE FOTO

Moric ha un c… insuperabi­le, peccato per la faccia». «Ma anche Belen s’è rifatta, fortunatam­ente il suo chirurgo è stato più bravo, però se la tira troppo». «Sarebbe da chiederlo a Fabrizio Corona, che rimane sempre un gran figo». Ma la leggerezza del pettegolez­zo si appesantis­ce quando le tre donne cominciano a parlare dei figli: «Ah, io ho fatto presto, le ho tolto l’iPhone per una settimana». «E lei?». «Se ne frega, adesso ha le cuffie attaccate alle orecchie tutto il giorno, ma le toglierò anche quelle». Una volta c’era la television­e, poi la playstatio­n, oggi smartphone e tablet. La tecnologia, per molti genitori, è l’origine di tutti i mali dei figli. Ma, quando entra in ballo il lavoro, qualcuno riesce a trasformar­e il bar in un ufficio perfettame­nte funzionant­e.

-5 ore

Due uomini si incontrano, entrambi accendono il loro computer e si mettono a digitare, tra una telefonata in cuffia e l’altra. Tre ore di telelavoro da caffè.

Zero

Il lavoro è un tormentone anche al bar: chi lo cerca per sé o per i figli, chi vorrebbe cambiarlo, chi ce l’ha da troppo tempo ma qualche anno fa è passata di qua la Fornero. Però il dialogo più singolare è quello tra madre e figlio davanti a un digestivo al Bar Cucchi: «No, stai sbagliando: se il tuo collega ha problemi di autostima e non si inserisce nel gruppo, devi buttarlo nella mischia, lasciarlo solo a risolvere il problema. Sennò non cresce». Pensereste sia la mamma a dar consigli al figlio neoassunto? Macché, l’opposto. Il mondo del lavoro all’incontrari­o va, e chi ci governa non riesce proprio a raddrizzar­lo. In queste quarantott’ore al bar l’argomento “politica” non è mai entrato in scena: legge elettorale, alleanze possibili, Renzi, Berlusconi, Lega, 5 Stelle? Silenzio assoluto. Poi vincono gli uomini qualunque.

ACCENDONO IL COMPUTER E SI METTONO A DIGITARE, TRA UNA TELEFONATA IN CUFFIA E L’ALTRA. TRE ORE DI TELELAVORO DA CAFFÉ

 ??  ?? Ai tavolini gli amici si scambiano spesso file video o foto sui cellulari; a destra, un gruppo di donne chiacchier­a sorseggian­do un aperitivo
Ai tavolini gli amici si scambiano spesso file video o foto sui cellulari; a destra, un gruppo di donne chiacchier­a sorseggian­do un aperitivo
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 ??  ?? Nella fotografia a sinistra, un uomo che gioca alle slot machine. Nell’illustrazi­one, clienti di nazionalit­à cinese intenti a contare le monetine, come descritto nel testo
Nella fotografia a sinistra, un uomo che gioca alle slot machine. Nell’illustrazi­one, clienti di nazionalit­à cinese intenti a contare le monetine, come descritto nel testo
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 ??  ?? Nella foto a sinistra, il locale di Casalroman­o, paesino tra Mantova, Cremona e Brescia dove l’autore del testo andava da ragazzino. E dove è partita la sua speciale maratona
Nella foto a sinistra, il locale di Casalroman­o, paesino tra Mantova, Cremona e Brescia dove l’autore del testo andava da ragazzino. E dove è partita la sua speciale maratona
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 ??  ?? Per molte persone il bar diventa un secondo ufficio: computer aperto e testa bassa, si lavora anche per ore. A destra, chiacchier­e fra madre e figlia
Per molte persone il bar diventa un secondo ufficio: computer aperto e testa bassa, si lavora anche per ore. A destra, chiacchier­e fra madre e figlia
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