Lo scacchista Putin gioca con il “giornalista” Stone
QUELLO CHE i giornalisti spesso (per educazione, non è vero che siamo tutti maleducati) non dicono è che raramente i personaggi famosi che incontriamo per lavoro lasciano in noi una grande impressione: un po’ perché sono eccezionalmente bravi a fare una cosa – cantare, recitare, suonare – e magari altrettanto eccezionalmente mediocri in tutto il resto, un po’ perché tendiamo sempre ad avere aspettative troppo alte riguardo alle persone – agli artisti – che ammiriamo. Un’eccezione alla regola, in 27 anni di lavoro che mi hanno portato a conoscere parecchi personaggi famosi, è Oliver Stone: che, con me almeno, è stato di assoluta cortesia e si è rivelato un conversatore informatissimo (e appassionato) in materia di storia americana del Novecento (generalmente bisogna guardarsi da registi, attori o musicisti “politici”: alla pulsione a discettare senza freni non raramente si accompagna una certa ignoranza, evidente se l’interlocutore ha letto qualche libro sugli argomenti in discussione – diffidare delle popstar che tengono comizi di politica). È per questo che ero molto curioso di vedere le quattro puntate (una maratona: quattro ore) dell’intervista di Oliver Stone a Vladimir Putin, molto stroncata dai critici americani. Stone non è un giornalista, e sarebbe inutile aspettarsi da lui una maratona giornalistica: in più, Putin nelle interviste pensa da scacchista, è difficilissimo metterlo nell’angolo anche per i più bravi (se volete vedere un grande giornalista alle prese con Putin cercate su YouTube il colloquio con Charlie Rose della Cbs, un maestro). Stone in tutta la sua carriera di cineasta impegnato è partito da un assunto politico – non tanto che gli Stati Uniti hanno sempre torto: più che altro nel suo universo non meritano mai il beneficio del dubbio che agli altri concede con generosità – che non condivido, ma l’intervista con Putin tra numerosi momenti di noia mortale regala dei piccoli gioielli. Tra i tanti: Putin che si vanta di essere cintura nera di judo e quindi capace di mettere ko un ipotetico marinaio gay che entri nella doccia con lui su un sottomarino nucleare; Putin 64enne che gioca a hockey e anche il mite Stone non riesce a trattenere una risata; Putin che assiste impassibile alla proiezione di Dottor
Stranamore, film che non aveva mai visto; Putin che si vanta di non avere mai “giornate no” perché «non sono una donna».
ACCOMPAGNATI DAL COSTANTE
sussurrare dell’imperturbabile interprete – vero co-protagonista delle interviste: vorrei vedere un documentario su di lui più che su Putin – assistiamo però a momenti illuminanti: a Stone interessa più di tutto indagare sul potere, capire come pensano gli uomini di potere. E quando Putin gli spiega sereno che se fosse stato eletto alla Casa Bianca Bernie Sanders non avrebbe combinato nulla perché dopo aver tanto parlato di cambiare il sistema avrebbe capito che il sistema è fatto di una burocrazia impossibile da riformare, nei secoli dei secoli. E fa un esempio: Obama voleva sinceramente chiudere Guantanamo Bay. Ci è riuscito? No. Putin in un minuto ci fa capire che Stone con queste interviste ha girato il suo sequel di
JFK: Kennedy leader più carismatico del mondo che viene spazzato via da forze oscure, impossibilitato a portare cambiamento perché il potere scatena sempre anticorpi.