Manuale di conversazione
Allenamento del Milan: c’erano Rocco, Rivera... E poi arrivò José Altafini su una spider rossa
LA PARTE PIÙ BELLA
del libro che Gianni Mura ha dedicato alle canzoni ( Confesso che ho stonato, Skira editore, racconto fortemente voluto dal grande Dinamo, ovvero Alberto Tonti), è quella su Sergio Endrigo. Anche Sergio Endrigo (come ho cercato di fare nel numero scorso con José Altafini) andrebbe spiegato ai giovani. Se lo merita lui e se lo meriterebbero anche i giovani. Endrigo ha scritto e cantato canzoni bellissime ( Adesso sì, Teresa, Io che amo solo te), ed è stato il più brasiliano (vedete che Altafini c’entra?) dei nostri musicisti, ma anche il più mitteleuropeo (era di Pola). Forse riusciva a tenere assieme sia l’anima brasiliana che quella mitteleuropea grazie alla sua triestinità di fondo. Mura spiega l’essenza di Endrigo chiamando in causa Georges Simenon. Per l’inventore di Maigret era un punto di onore il fatto di non aver usato mai più di duemila parole nei suoi romanzi. «Penso che sotto le duemila parole sia ampiamente anche Endrigo», dice Mura. Niente barocchismi, niente trucchi: pane al pane e vino al vino.
SEMPRE DINAMO (OVVERO
Alberto Tonti) pubblica nella stessa collana Venere senza pelliccia di Michele Monina, pamphlet inquietante sul tema: perché la canzone italiana e le cantanti italiane sono diventate asessuate? Perché oggi sono impensabili performance come Pensiero
stupendo di Patty Pravo, America di Gianna Nannini e Kobra di Donatella Rettore? E perché, intanto, i rapper maschi fanno continui riferimenti sessuali?
SCRIVE SILVANO CALZINI:
«L’intervista ad Altafini mi ha fatto sognare per un milione di ragioni. Mi limito a dire che da piccolo mio padre ogni tanto mi portava all’Arena a vedere gli allenamenti del Milan. Allora era tutto più semplice e si poteva accedere senza problemi. C’erano Rocco, Rivera, Maldini padre, Trapattoni, Pivatelli e perfino Pelagalli. Un giorno vidi arrivare un giovane, biondo e sorridente Altafini su una fiammante spider rossa tra due ali di tifosi plaudenti e fui subito felice, anche se non mi ricordo perché». È l’effetto Altafini.