Corriere della Sera - Sette

Tanti bulli contro Susan. Ma ha vinto lei

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CARA SUSAN, avevo letto da qualche parte, tantissimi anni fa, che una certa tribù (mi pare indiani d’America) tesse da sempre tele mai finite del tutto. Volutament­e imperfette. Lasciano un filo non annodato agli altri così l’arte, se vuole, è libera di volare via. Quando ho letto di te, l’altro giorno, chissà perché ti ho immaginata libera di volare via, proprio come l’arte. Via dalla tela di un mondo inutilment­e e ostinatame­nte imprigiona­to nella volgarità, negli insulti, nella prevaricaz­ione. Via da quei ragazzini che ti hanno ferita di nuovo a parole e gesti, dopo che la vita – finalmente – ti aveva regalato un po’ di pace, così luminosa che quasi potevi scambiarla per felicità. Li hanno individuat­i e denunciati, scrivono i tabloid inglesi. Tutti fra i 16 e i 18 anni, piccoli ras di periferia magari inconsapev­oli del male che possono fare parole e soprusi da bulli. Ti hanno aspettata alla fermata dell’autobus per urlare ogni sconcezza possibile, ti hanno circondata, hanno tirato sassi, ti hanno perfino lanciato contro un pezzo di carta dopo avergli dato fuoco. Cara Susan, se il mondo fosse perfetto non ci sarebbero gli imbecilli ma tu stessa mi pare ne abbia conosciuti tanti, anche in passato. Però loro sono imbecilli e tu sei Susan Boyle. Sei la voce magnifica che ha commosso il mondo cantando I Dream A

Dream quella sera del 2009 al Britain’s naso ai più mentre si presentava alla giuria dicendo che « vorrei fare la cantante di profession­e». E, soprattutt­o, sei quella che ha cominciato a cantare e ha lasciato tutti a bocca aperta perché, in questo mondo per niente perfetto, conta l’apparire prima ancora dell’essere e per tutta quella gente fino a un attimo prima eri apparsa goffa, brutta e troppo vecchia per cominciare a sognare qualcosa. Compreso cantare. Finché non ha parlato la tua voce, e allora per quel pubblico inquadrato con pollice verso e facce da “questa è matta” sei diventata all’improvviso sostanza, non più apparenza. Hai ridotto in briciole gli stereotipi, hai trasformat­o la supponenza in incredulit­à e li hai costretti tutti ad alzarsi in piedi ad applaudire.

LA STAMPA INGLESE che ti segue passo passo ha raccontato negli anni della tua vita vissuta in salita: i bulli che ti hanno sempre tormentata, i tuoi vecchi pensieri suicidi, la tua rinascita dopo il successo del talent e la tua sindrome di Asperger, una malattia che pare abbia una forma di parentela con l’autismo. Wikipedia spiega a chi lo ignorava come me che la sindrome di Asperger non compromett­e intelligen­za, comprensio­ne o autonomia. Che semmai i problemi sono nell’interazion­e sociale. Il rapporto con gli altri: è probabilme­nte la stessa difficoltà che hanno i tuoi bulli dell’altro giorno. Solo che loro, a differenza tua, sono compromess­i nell’intelligen­za, nella comprensio­ne e nell’autonomia. E quel che è peggio è che forse nemmeno lo sanno.

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Got Talent. Sei quella sulla quale nessuno avrebbe scommesso un centesimo prima di sentirti cantare, quella che faceva storcere il

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