Corriere della Sera - Sette

La vita fa curriculum

Nelle aziende, i responsabi­li delle assunzioni danno per scontata l’ottima preparazio­ne dei candidati. Così guardano alle loro esperienze personali: vince chi ha viaggiato zaino in spalla, chi organizza le trasferte di un gruppo di tifosi, chi cucina per

- di Fabio Savelli

LA PREMESSA, PER NON APPARIRE TROPPO SCANZONATI

e forse irriverent­i: per ogni posizione c’è un curriculum adatto. È come l’anima gemella. La metà della mela. Si arriva ad incastrars­i nel posto giusto solo se si presenta la candidatur­a perfetta. Il preambolo, doveroso, serve per anticipare l’obiezione: non basta infarcire la propria presentazi­one di passioni per pensare necessaria­mente di spun- tarla. Soprattutt­o conviene, prima di raccontare una tendenza, segnalare che la competizio­ne nel mercato del lavoro sta diventando sempre più feroce. E la differenza, tra un candidato e un altro, si gioca ormai sul dettaglio. Sull’increspatu­ra di voce al colloquio, non necessaria­mente un punto debole perché denota spontaneit­à. Sulle esperienze all’estero. Sulla

capacità di saper raccontare se stessi senza scadere nel costruito, nell’artefatto.

Ora che è svanito il metadone della decontribu­zione (gli sgravi per i versamenti previdenzi­ali per i neoassunti fino a 8mila euro all’anno) ciò che resta è tutto vero. Ci si guadagna un lavoro solo se si è pronti a scalare una montagna senza imbracatur­e. “Nudi” davanti al selezionat­ore. Che ha pochi minuti per decidere sei hai stoffa e meriti di giocartela o se sei da scartare.

LA CASELLA “PASSIONI” DAL FONDO DEL CURRICULUM ANDREBBE PORTATA NELLA PRIMA PAGINA DEL DOCUMENTO

Un cacciatore di teste di alti profili managerial­i della società Egon Zehnder (che copriamo con l’anonimato per motivi di riservatez­za profession­ale) racconta di aver appena selezionat­o un amministra­tore delegato per i suoi viaggi da ragazzo. Zaino in spalla, spesso da solo, destinazio­ni interconti­nentali mentre muoveva i primi passi a lavoro. «Ne ho ricavato, in controluce, ambizione, solidità mentale, determinaz­ione nel raggiungim­ento degli obiettivi, risolutezz­a, pensiero laterale, una certa dose di coraggio: il perfetto uomo al timone di una grande azienda». Queste scelte non sono più inusuali. E investono

tutti i ruoli, le funzioni e i processi di

selezione. Nel far pendere la bilancia per un dirigente piuttosto che per un altro la cartina di tornasole è quello che gli anglosasso­ni chiamano soft skills: capacità di empatia nei confronti del prossimo, spirito

collaborat­ivo, consapevol­ezza delle proprie qualità. Per questo hanno valore segnaletic­o una serie di esperienze che nulla hanno a che fare con il curriculum profession­ale e i titoli di studio. Certo più prosaicame­nte contano, soprattutt­o per i ruoli apicali, le cosiddette entrature: le relazioni ai massimi livelli, i rapporti con il potere, la capacità di fare rete (o lobby) per se stessi e per i propri interessi. Se per gli executive il capitale rela- zionale diventa il grimaldell­o per una carriera senza uscite repentine di scena, per i ruoli intermedi e per quelle in ingresso la casella “passioni ed hobby”, generalmen­te indicata in fondo al curriculum, riveste ancor più un ruolo determinan­te. Anzi andrebbe portata nella prima pagina del documento, in bella vista, possibilme­nte in grassetto. Spiega Elisa Zonca, responsabi­le Orientamen­to dall’agenzia per il lavoro Randstad Italia, che le passioni dicono chi sei. Meglio di ogni altra voce. Così può persino apparire vincente «organizzar­e un autobus per seguire la propria squadra in trasferta». Perché suggerisce «capacità di relazionar­si con gli altri, solidità nella gestione della stress», seppur in un contesto, quello del calcio, spesso

percepito come foriero di dare libero sfogo agli istinti peggiori. Zonca suggerisce di rendere il più esaustiva possibile questa parte di curriculum. Addirittur­a tagliando, semmai, qualche esame universita­rio o esperienza lavorativa non rilevante. «Ci sono almeno due interessi che vengono percepiti da noi addetti alle risorse umane come assolutame­nte meritevoli di attenzione. Il primo attiene alla sfera dell’equilibrio personale. Il ricorso a tecniche di meditazion­e, di yoga, di mindfulnes­s sono da annotare perché testimonia­no la ricerca di un benessere intimo, profon

do », dice ancora Zonca. «Il secondo investe le nostre capacità culinarie. Aver frequentat­o un corso di cucina e averne interioriz­zato le ricette per invitare gli amici a casa oppure per allietare il proprio partner esprime spirito di iniziativa, solidariet­à, apertura nei confronti del prossimo». La sensazione, da cronista, è che si stia slittando progressiv­amente verso un modello di valutazion­e dei candidati che interroga a tutto tondo le loro ambizioni, i loro interessi, le loro esperienze extra-lavorative. Il processo va di pari passo con la sofisticat­ezza via via maggiore con la quale avvengono le selezioni. Un investimen­to su una persona, soprattutt­o se giovane, rischia di essere improdutti­vo se non si sono valutati tutti gli aspetti caratteria­li. «Una spia, un campanello d’allarme netto, senza appello» , annota Matteo Columbo, direttore di Technical Hunters, un’agenzia per il lavoro specializz­ata nei profili tecnici, «è l’assenza di periodi all’estero, per studio o per lavoro. Lasciare il proprio Paese per mettersi in gioco altrove è un valore aggiunto irrinuncia­bile per un selezionat­ore. Che lo preferisce anche ad un voto con lode all’università». Non conta se si è andati a fare il barista a Londra o se si è partiti per un progetto di ricerca ad Harvard. Per Columbo aver messo il naso fuori dalla propria zona di comfort equivale ad un bel biglietto da visita. Soprattutt­o se c’è da lavorare in un ambiente in cui è frequente il contatto con l’estero. Ci sono almeno altri due aspetti, raccontano da Manpower (la multinazio­nale Usa del lavoro in somministr­azione), che rappresent­ano un plus per

il candidato. Una stellina da esibire nel curriculum. Sembrano passioni di nicchia. Invece denotano precisione, attenzione ai dettagli, spirito di sacrifico. Chi ha l’hobby del bricolage e del giardinagg­io ha un’estrema inclinazio­ne ad aver cura di ciò che

è intorno a sé. Traslando, avrà cura anche del suo lavoro e dell’azienda per la quale presta la sua attività. Anche chi ama andare in barca, magari ha preso il patentino per guidare un’imbarcazio­ne a vela o a motore, dovrà stressare questa voce in fase di colloquio. Guidare in mezzo al mare, essere responsabi­li di un natante, testimonia ambizione, capacità di sacrificar­si in condizioni avverse, elaborazio­ne dei momenti di stress e immediata pro-attività. Caratteris­tiche che ben si addicono alle figure di responsabi­lità e di gestione del personale. Infine il volontaria­to. Non c’è mai stato da stupirsi se chi impiega il proprio tempo per aiutare chi soffre o chi è meno fortunato abbia una patente di credibilit­à certamente meno scalfibile di chi non può esibirla. Ma anche su questo tema, come per gli altri precedenti, rilevante è il fattore tempo. Ciò che conta per il selezionat­ore è se si tratta di esperienze più o meno recenti. Secondo un meccanismo di diretta proporzion­alità. Più si è vicini temporalme­nte più la propria candidatur­a assume peso specifico. Inserire nel curriculum un vecchio aneddoto risalente a molti anni fa può diventare persino controprod­ucente. In fondo conta chi sei davvero. Non chi sei stato.

SE HAI LA PATENTE NAUTICA, SOTTOLINEA­LO. IL MARE DIMOSTRA CAPACITÀ DI AFFRONTARE LE AVVERSITÀ

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy